IN MORTE DI L.C. DE LAMORICIERE
Canzone di Alessio de Besi
PREMESSA
Il testo poetico del giornalista cattolico padovano Alessio de Besi (1842-1893), che oggi riproponiamo al pubblico contemporaneo, fu stampato dai Tipi del Seminario di Padova nel 1866. Si tratta di una canzone dedicata al mitico ufficiale francese Christophe Louis Léon Juchault de Lamoricière (Nantes, 5 settembre 1806-Prouzel, 11 settembre 1865), che creò il corpo degli zuavi pontifici su richiesta di Monsignor Federico Francesco Saverio de Mérode (1820-1874).
Il componimento ricorda innanzitutto le gesta del condottiero in terra d’Africa, presentando la spedizione militare in Algeria come una crociata contro i musulmani. Su questo punto dobbiamo dissentire, sottolineando che quello francese fu colonialismo liberale che a poco o nulla condusse in termini di diffusione della vera Religione. L’espansionismo ottocentesco francese niente ebbe a che vedere con la grandezza dell’Impero Ispanico, monarchia missionaria e federale. Il nefasto concatenamento delle rivoluzioni è ben noto ai cattolici istruiti, non fu per caso che nel 1794 il Dey di Algeri sostenne i repubblicani francesi, bensì per danneggiare i cristiani. Se nell’Africa settentrionale la Francia si fosse impegnata per convertire i musulmani, oggi al continente europeo sarebbero risparmiate molte pene, nonché un futuro potenzialmente catastrofico. Ma di questi orrori non dobbiamo avere paura, ricordiamo le parole delle Sacre Scritture: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Giovanni 16, 33).
Il poeta veneto rievoca poi gli eroismi dei soldati del Papa e la furia devastatrice dei rivoluzionari, di cui già prevedeva l’esito infausto. Lamoriciere fu un campione della fede in un tempo difficile e dobbiamo seguire il suo esempio; oggi che i governi cristiani sono scomparsi possiamo sentirci abbattuti e tristi, ma Dio non ci sottoporrebbe mai a prove che non possiamo superare.
Il lavoro di De Besi si unì all’Elogio funebre del Generale de Lamoricière pronunziato nella cattedrale di Nantes il martedì 17 ottobre 1865 (Marietti, Torino 1865) dal Vescovo di Orleans Félix Dupanloup (1802-1878) e all’opuscolo anonimo Il dieciotto settembre. Canto lirico pubblicato nella solenne pompa di esequie pel Generale Cristoforo de Lamoricière (Chiassi, Roma 1865), ma i versi del padovano assumono un valore particolare poiché egli fu arruolato nelle armate pontificie ed inoltre perché li dedicò ad un altro zuavo suo concittadino: Giuseppe Sacchetti (1845-1906).
Riccardo Pasqualin
DEDICA
A te / amicissimo mio / Giuseppe Sacchetti / che / la fede nel trionfo di Cristo invincibile / l’amore al vanto d’Italia più bello / il papato / i sudori e le fatiche della lotta / tra tenebre e luce / hai meco comuni / a te / strenuo campione del Pontefice-Re / questa canzone / intitolo.
IN MORTE DI LAMORICIERE – CANZONE
Che lo squallore avvolve,
O invitto domator delle afre schiere,
Di Costantina e Orano
Illustre vincitor! – Dell’Alcorano
Sozzo il campion feroce
Nel fango le bandiere
Del Profeta per te vide; e la croce
Irrisa fu temuta; e il franco giglio
Per te, di Francia ben condegno figlio,
La mezzaluna a trïonfar fu visto...
E riposavi sul glorioso acquisto,
Come leon che posa
Alteramente in sua foresta annosa.
E fur Giustizia e Fede alme sorelle
Tue guidatrici stelle.
D’ogni turpe operare avesti schiva
L’anima generosa,
Di codardia, del vil servir sdegnosa.
E quando empia masnada,
D’onor guerriera priva,
Parricida snudò l’infame spada
Contro il Custode del divino Vero,
Il santo Successor del maggior Piero,
Tu fremesti al misfatto; e nel tuo core
Si raccese il guerriero antico ardore;
E a la voce di PIO
In tua man fulminò l’acciar di Dio.
Del tuo brando al mortal lampo, il rubello
Tremò Giulian novello,
E furibondo si scaglio nel vallo,
Invaso dall’inferno,
PIO bestemmiando, Roma e sin l’Eterno!
Cadder pugnando i tuoi...
E l’unghia del cavallo
Del vincitor, l’ossa calco d’eroi
Che al Vicario di Cristo un dì sacraro
La vita, il sangue ed un fedele acciaro.
Caddero i tuoi! Ma non restò la gloria
Del trïonfo a colui ch’ebbe vittoria;
Chè pei ladron l’alloro
Non crebbe mai, né alcun lo sacra a loro.
Castelfidardo! Ancona!... o sacri avelli
Di martiri novelli,
Cinto dello splendor del paradiso
Il vostro nome unito
E grande, sonerà per ogni lito.
Dal vostro puro cielo
A crescere il sorriso
Italïano, eterno e senza velo,
L’alme in esso al par d’astri fulgeranno
Del pro’ Lamoricìer, di Pimodanno;
O sacre terre! Il vostro nome sia
Inno guerrier contro Filise ria!
Splendor d’Italia, addio!
Eternamente a voi sorrida Iddio.
A che partisti, spirito gentile,
D’esta dimora umìle?
L’Arcangelo che vegli il Vaticano
E del Pastor la sorte,
Chè non indisse all’angel della morte
Che ancora ti risparmi?
Non odi da lontano
Roco un romoreggiar d’armati e d’armi?
Un empio minacciar? La franca frode
E l’itala, non vedi che si gode
D’un misfatto infernal, d’un abbandono
Che su nel ciel non troveran perdono?
Abbandonato e solo
Non scorgi PIO, che versa in aspro duolo?
Ah torna, o generoso, torna in terra;
Dura ferve una guerra
Contro il Triregno; impugna ancora il brando,
Combatti l’empie schiere,
Che i loro saturnali, le lor fere
Bramosie di vendetta
Sul sacro e venerando
Suolo di Roma, a Dio città diletta,
Vôr consumar!...Ah torna, o pio gagliardo,
Sai che Roma non è Castelfidardo,
Ch’un cherubin l’acciar, fiammante foco,
Rota a difesa ognor del santo loco;
Che immoto come scoglio
Disfida ogn’ira umana il Campidoglio.
Ah vieni, or che di Dio t’afforza e veste
Lo spirito, o celeste,
Oh che la spada ritemprasti ai strali
Eterni, ora ch’invano
Tenta teco cozzar lo stolto umano.
Vieni, o guerrier di Dio,
Che te gli egri mortali
Invocano, che invoca te pur PIO!
Ma che imploro? che dico? che mai bramo?
Perché nel mio dolor quaggiù ti chiamo?
Tornar non puote a questo infido lito
Colui che un dì per morte n’è partito.
Vestir l’umano velo
Non può di novo chi è beato in Cielo.
Or tu fidente, o mia canzon, t’impenna
A più sublime volo,
Disdegna altera questo basso suolo
Ed al trono di Dio addrizza i vanni;
Ti prostra a lui dinante, i crudi affanni
Del suo Vicario narra al Sommo Dio,
E pregalo fervente
Che susciti un novel campion di PIO
Dell’empietate ai danni;
Che cessi alfin l’abbominanda guerra
Che i tristi di quaggiù movono a Lui,
Che il Giusto, il Santo, il Vero,
Il successor di Piero
Abbian trïonfo e regno ancora in terra.
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