di Jacinto Miquelarena (a cura di Riccardo Pasqualin)
Premessa
L’avvocato napoletano Tullio Rispoli (1899-1974), volontario italiano alla Cruzada, nel suo libro di memorie La Spagna dei Legionari (ripubblicato dall’editore Solfanelli di Chieti nel 2018) utilizza l’immagine dell’anziano saggio e del giovane per descrivere il rapporto tra i carlisti e i falangisti. Esattamente la stessa immagine venne impiegata dall’umorista, giornalista sportivo e di guerra Jacinto Miquelarena (Bilbao,11 gennaio 1891-Parigi, 10 agosto 1962) nel suo dialogo Unificación. Sul pubblicista spagnolo, Gilberto Beccari riporta che inventò la “radio di combattimento” per irridere e demoralizzare il nemico e aggiunge: «scrive il dialogo diffusissimo Unificación che gli vale il Premio Mariano de Cavia per l’anno 1937. Costretto a rifugiarsi in un’Ambasciata [quella argentina], asilo dei cosiddetti “ribelli” perseguitati dai rossi, passa poi nel campo dei nazionali. E nel frattanto scrive con umore e disinvoltura la vita pittoresca e terribile che si conduceva in quei rifugi (El otro mundo, 1938)».
Miquelarena fondò il giornale Excelsior, dedicato allo sport, e nel 1930 entrò nella redazione di ABC a Madrid. Perseguitato per le sue idee falangiste, dopo nove mesi di latitanza, riuscì a fuggire nei territori sotto il controllo di Franco, che lo nominò appunto direttore di una delle sue radio militanti. Fu membro del Comitato Olimpico spagnolo/Consiglio Nazionale degli Sport, presieduto dal 1941 al 1956 dal generale madrileno José Moscardó (1878-1956) [1], noto come “l’eroe dell’Alcázar”.
Abbiamo pensato di riproporre Unificación col semplice valore di documento: la storia ha fatto il suo corso e ogni vero carlista sa che il caudillo ha marginalizzato e represso il tradizionalismo; Elías de Tejada, a ragione, sentenziò: «Franco y Maroto son los mayores enemigos del carlismo en su Historia» [2]. Oggi possiamo costatare che il generale Franco non salvò affatto le Spagne dai bacilli che avevano infettato le membra dei popoli iberici: il franchismo era Franco, e scomparso lui il suo “ordine” si è dissolto come neve al sole. Fu come se la mano del destino avesse sollevato tutto a un tratto un lenzuolo candido dal letto di una corsia d’ospedale, rivelando le tremende pustole che già ricoprivano il corpo di un malato. Il chirurgo a cui fu impedito di lavorare è il Carlismo, e ci dobbiamo augurare che in tempo utile abbia una nuova possibilità per operare (stavolta in maniera risolutiva). Nulla è impossibile a Dio (Luca 1:37).
Ai giorni nostri Unificazione assume quasi un significato opposto a quello che il suo autore avrebbe voluto trasmettere e più simile alle riflessioni del requeté romagnolo Alfredo Roncuzzi (1905-1999), che rilevò come i nazionalisti avessero spesso mandato i seguaci di Don Carlos a morire in prima linea mentre loro facevano propaganda, sottraendogli l’attenzione del popolo e delle possibili nuove leve [3].
Ahinoi, col suo culto della morte, il giovane falangista ha trascinato con sé nel baratro il crociato, che forte della sua concretezza e dell’esperienza dei suoi antenati – la Tradizione – forse si sarebbe mosso meglio da solo. Ma bisogna fare tesoro delle lezioni del passato e tutto può ancora cambiare, la parola del Signore ci illumina: tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede (1 Giovanni 5,4).
Riccardo Pasqualin
Note
[1] Cfr. Fabio Arduino, Luis Moscardó Giovane laico. Testimoni, in Santi e Beati, 26-10-2008: Luis Moscardó (santiebeati.it) [22/06/2022]
[2] Miguel Quesada, De Franco a Juan Carlos, in La Esperanza, 10 febbraio 2022: [22/06/2022]
[3] Cfr. Alfredo Roncuzzi, L’altra frontiera. Un requeté romagnolo nella Spagna in guerra, Edizioni del Girasole, Ravenna 2011
UNIFICAZIONE
[1937]
(Col fucile in spalla e con la coperta, marciano ambedue in colonna: il requeté è barbuto e forte; il falangista è quasi un fanciullo. Salgono ambedue il sentiero di una montagna sulla cui vetta fulmina la mitraglia. Odore di polvere e di Patria.)
Requeté: Di dove vieni?
Falangista: Di Castiglia. La terra è aspra e dura, ma il cielo è di seta azzurra... Tu sei di Navarra?
R.: Navarrese! Della montagna. C’è là molto verde, vi sono fiumi cristallini e salmoni... Son figlio di carlista, nipote e bisnipote di carlisti.
F.: Io sono il più giovane camerata di José Antonio Primo de Rivera.
R.: Era il mese di luglio – quello delle ciliegie! – e perfino gli alberi di Navarra davano requetés...
F.: Era il mese di luglio – la Castiglia ardeva! – e perfino i campi di grano davano il segnale delle frecce...
R.: Boinas e boinas, boinas e boinas!…
F.: Come palpitava di gioia il cuore sotto la camicia azzurra del trionfo!... l’uccello non si sente più felice nell’azzurro del cielo.
R.: Il mio petto è forte, la mia mano è ferma e i miei piedi vanno alla guerra portandosi l’illusione di [essere in] Navarra. Son figlio di carlista, te l’ho detto, nipote e bisnipote di carlisti.
F.: Tutte le fidanzate di Spagna han ricamato frecce. Tutte! Le mie sono di ieri sera. Sono il più giovane camerata di José Antonio, lo sai. Tu hai moglie?
R.: Sì.
F.: Figli?
R.: Sì.
F.: Io non ho nessuno. (Canta) Qué bien se va a la guerra, | qué bien se va! | Sin tener madre ni novia,
qué bien se va!
R.: Se cadi... a chi vuoi che lo dica?
F.: A nessuno. (Guardando il cielo) Lo saprà subito il Signore. E se muori tu?...
R.: Dillo a José Maria Hernandorena, 65 anni, Tercio di Montejurra. È mio padre.
F.: E se non c’è?
R.: Dillo a José Maria Hernandorena, 15 anni, Tercio di Montejurra. È mio figlio.
F.: (Canta) Qué bien se va a la guerra, | qué bien se va!... (Fischiano le pallottole) Senti, requeté, stai dietro alle mie spalle. Tu hai moglie e figlio. Io non ho nessuno. (Canta) …Sin tener madre ni novia, | qué bien se va!
R.: Io vado avanti. Tu non sai ancora. Sei un bambino...
F.: Non mi dire certe cose!
(Fischiano le pallottole)
R.: È il mese di luglio – quello delle ciliegie! – e perfino gli alberi danno requetés...
F.: Frecce fresche, frecce di ieri sera, vengono con me alla battaglia! Quale pallottola nemica vuole il petto più giovane della Falange?
R.: Gettati al suolo, per tua madre!
F.: Non ce l’ho... Chi lo vuole?... Chi lo desidera?... Tirate, señores, guardiamo chi dà nel segno! Il premio è un bel cuoricino d’oro!... (Cade ferito)
R.: Quanto sangue!
F.: Il premio è per quel caballero nemico...
(Il requeté raccoglie il falangista e se lo mette sulle spalle. Le pallottole fischiano intorno ai due intrepidi. Il requeté cade a terra col suo compagno.)
F.: Anche tu sei ferito? Sei un eroe...
R.: Non dimenticare...
F.: José Maria Hernandorena...
R.:...65 anni...
F.: Tercio di Montejurra...
R.: E se non c’è?
F.: José Maria Hernandorena...
R.:...15 anni...
F.:...Tercio di Montejurra...
R.: Addio, piccolo... tu sei... grande!
F.: Arriba España!
(Il primo albore del mattino, fatto tutto di madreperla, trova due cadaveri abbracciati.)
Fonte: Gilberto Beccari, Scrittori di guerra spagnoli 1936-1939, Garzanti, Milano 1941, p. XI, pp. 21-24 [con trascurabili adattamenti grafici].
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