venerdì 24 gennaio 2020

Intorno a Napoletanità di Gigi Di Fiore


Intorno a Napoletanità di Gigi Di Fiore


Gigi Di Fiore, Napoletanità. Dai Borbone a Pino Daniele viaggio nell’anima di un popolo, UTET, Milano 2019, p. 382, € 18

Si inizia dalla constatazione di un paradosso: quanti scrittori ed artisti napoletani, magari passati alla storia come cantori della napoletanità, hanno preferito vivere lontano dalla propria città? «Si può essere napoletani, orgogliosi di esserlo, innamorati della città, ma trovare insopportabile viverci» (p. 12). È stato il caso – a cui Di Fiore dedica molto spazio – di Pino Daniele, che ha preferito trasferirsi prima a Formia e poi in un paese della Maremma, dove addirittura ha chiesto di essere sepolto; ma nei decenni è stato il caso di Totò, dei fratelli De Filippo, di Raffaele La Capria, di Riccardo Pazzaglia…
A quattro anni da La Nazione napoletana. Controstorie borboniche e identità suddista (Utet, Torino 2015), Gigi Di Fiore torna sul concetto di appartenenza al territorio e alla cultura napoletani e lo fa sottolineando la profonda differenza tra napoletanismo e napoletanità (o napoletaneria): il primo stereotipo deteriore, cui tanti si adeguano «per pigrizia e a volte per interesse» (p. 12); la seconda «l’orgoglio delle proprie radici e la coscienza di avere alle spalle una storia antica» (ibidem).
Per approfondire questa dicotomia, l’Autore ripercorre tre secoli di storia napoletana, partendo dall’arrivo di Carlo di Borbone (che sarebbe il caso di iniziare a chiamare direttamente Carlo VII di Napoli e V di Sicilia), ma non manca di accennare la fondamentale importanza dei due secoli precedenti, quelli passati in unione con la Spagna: un’unione tanto stretta «che le differenze tra i due centri [Napoli e Madrid] quasi non si distinguevano più» (p. 21).