martedì 27 agosto 2019

Il sogno della Storia


La narrativa come strumento educativo

Ci sono più persone che conoscono le vicende storiche attraverso opere di fantasia che attraverso la lettura di saggi. Ad esempio, la guerra di secessione americana (1861-1865) è più nota al grande pubblico attraverso film come Nascita di una nazione (The Birth of a Nation) di David W. Griffith (1915), pietra miliare della cinematografia statunitense, e Via col vento di Victor Fleming (1939) – e naturalmente, almeno per il pubblico americano, dai romanzi ispiratori di tali pellicole, The Clansman: A Historical Romance of the Ku Klux Klan (1905) di Thomas Dixon Jr. e Gone with the Wind (1936) di Margaret Mitchell – anziché dalla lettura di saggi storici incentrati su una fredda sequela di date e più o meno lunghe trascrizioni di documenti.
Così, per affrontare la storia della nascita di Fabrizia, oggi piccolo comune in provincia di Vibo Valentia, più che (od oltre che) a un saggio storico, necessariamente limitato localmente nella diffusione e nella riscossione dell’interesse, conviene invece affidarsi alla lettura di queste pagine che ricostruiscono una storia, vissuta come un sogno dall’io narrante della “cornice” del racconto.

Un romanzo contro la modernità


Libere riflessioni di Aniello Balestrieri
su Non mi arrendo di Gianandrea de Antonellis


Il Trono e l’Altare da un lato. La cosiddetta modernità dall’altro. Non è un banale scontro tra eserciti o fazioni. È il conflitto atavico fra il vecchio e il nuovo.
L’agricoltore Caino che uccide il pastore Abele. Il popolo di Israele che pretende un re come gli altri popoli coevi (1Samuele 12,12). L’operaio che deride il contadino. L’adolescente (anzi, il teenager) che disprezza i vecchi.
Tutto ciò che è retrogrado per definizione è costretto a subire la damnatio memoriae da parte del nuovo. Il nuovo s’impone come tale attraverso atti di violenza fisica o ideologica chiamati rivoluzioni. Il concetto di rivoluzione è necessariamente positivo per definizione, altrimenti il nuovo non può autogiustificarsi come unica alternativa possibile. Di conseguenza il buono trionfa sul cattivo, in un fatalismo indotto che stride pesantemente con l’ateismo anti-superstizioso dei liberali, in un circolo vizioso argomentativo che puntualmente non viene notato.

martedì 13 agosto 2019

La società tradizionale e i suoi nemici


Recensione a: 

José Miguel Gambra, La sociedad tradicional y sus enemigos, Guillermo Escolar, Madrid 2019, p. 238, € 15


Una sintesi efficacissima del pensiero politico tradizionale, definita «il libro dell’anno e un libro per molti anni» dal periodico "Las Libertades" e «un libro per dissidenti autentici e non di facciata» dallo scrittore cattolico Juan Manuel de Prada. E la lettura non delude le aspettative. L’autore è José Miguel Gambra, nato a Pamplona nel 1950, è ordinario di Logica presso l’Università Complutense di Madrid e, dal 2010, Capo delegato della Comunione Tradizionalista, come lo fu il padre, Rafael Gambra (1920-2004), illustre docente universitario e filosofo neotomista.
Il testo – ci avverte l’autore – non è una confutazione estemporanea dell’opera di Popper La società aperta e i suoi nemici, saggio che si è limitato a suggerire il titolo della presente opera: i nemici della società tradizionale sono, infatti, sia la “società aperta” che i suoi nemici, essendo sia il liberalismo che il totalitarismo due facce della stessa medaglia.

domenica 3 febbraio 2019


Una resistenza dimenticata

Tradizionalisti martiri del terrorismo dell'ETA


Recensione al saggio di Víctor Javier Ibáñez, Una resistencia olvidada. Tradicionalistas mártires del terrorismo, Auzolan, s.l., s.d. (ma: Bilbao, 2017), p. 230, € 22


Attentati contro abitazioni, giornali e monumenti sacri; minacce, aggressioni, assassini e trasferimenti forzati… Quello tradizionalista è stato il gruppo politico che più ha sofferto a causa del terrorismo separatista basco. L’ETA, esaltata dalla cultura progressista italiana a causa delle comuni radici marxiste, non colpì solo obiettivi del “centralismo” statale, bensì anche carlisti, conscia che proprio in questi ultimi avrebbe trovato avversari ancor più temibili, in quanto capaci di sottrarre consensi all’ideologia separatista basca. Il Carlismo, infatti, incarna il più puro tradizionalismo cattolico e monarchico ed il suo ideario è sintetizzato nel motto «Dio, Patria, Fueros e Re», dove i Fueros rappresentano il diritto consuetudinario – che anche il Re deve osservare – e quindi il rispetto delle tradizioni giuridico-politiche locali. Di fatto un’ampia autonomia amministrativa, pur se all’interno della Patria e, naturalmente, della Religione (l’unica vera).