Recensione di Ludovico de Antonellis
L’autore dimostra per l’ultima volta di rientrare a pieno tra i principali esponenti di questa corrente letteraria; la sua scrittura, infatti, trasmette semplicità d’espressione ed una assoluta assenza di ornato – che rimane imperturbata persino nei momenti di maggiore eloquenza. D’altronde, la forza dell’opera consiste soprattutto nella chiarezza espressiva del pensiero, che ne rende la lettura oltremodo scorrevole: questo stile scarno e che si sofferma solo sui particolari rilevanti è notevolmente efficace nel potersi soffermare sugli elementi fondamentali della storia.
Infatti, nel romanzo la trama non è sicuramente un tratto essenziale, essa funge propriamente da cornice di un quadro ben più profondo e acuto, cioè: il tentativo di individuare la strada della vita che porti alla felicità – da intendersi qui in senso aristotelico, ovvero come sequenza continua e duratura di momenti felici.
Tale è la problematica vissuta dal protagonista André Mariolle, agiato parigino di estrazione nobiliare che non prova trasporto per la vita e che, pur possedendo notevoli qualità, è privo di sfide che lo spronino a sentirsi diretto partecipe della vita e conduce un’esistenza senza slanci né dedizione. Questa condizione di apatia interiore nei confronti della vita cessa quando viene introdotto da un amico nell’aristocratico ed esclusivo salotto della dama parigina Michèle de Burne, che immediatamente lo seduce con la propria grazia e per l’altezza di spirito. Così, il povero Mariolle – come tutti gli altri frequentatori del salotto – dopo aver lasciato casa de Burne, rimane preda di una nuova spinta vitale mai sentita prima d’allora.
La signora de Burne non riesce a sentire lo stesso slancio amoroso, per quanto reputi il Mariolle un caro e fedele amico e ne riconosca le doti superiori rispetto agli altri frequentatori del suo salotto. Pertanto, Andrea sembra essere destinato a non essere corrisposto. Anch’ella, infatti, non trova la tranquillità e la stabilità interiore che naturalmente possono venire con la scelta di un uomo a cui rimanere fedele; bensì riesce solamente a provare piacere e divertimento nel divertirsi a civettare e conquistare i cuori indifesi degli uomini la circondano, i quali una volta vinti non possono che rimanerle avvinghiati.
Tuttavia, la passione trasmessa nelle lettere del suo più “caro amico”, Mariolle, la sua discreta fedeltà che si condensa nell’attimo di un silenzioso sguardo, provocano nell’animo di Madame de Burne un sentimento dimenticato da lungo tempo – o forse mai provato – che si confonde con l’innamoramento. Successivamente, durante una gita nel mistico sito dell’abbazia di Mont-Saint-Michel, ella si persuade per un lunghissimo istante di essersi interamente innamorata del suo amico, che nel silenzio degli sguardi e nell’ardore delle parole le era sempre rimasto fedele.
Da questo momento in poi i due tentano una vita nuova, fatta di appuntamenti segreti – tanto anelati da lui ma col tempo divenuti maggiormente radi a causa dell’affievolirsi della passione provata da lei. Infine, André, sofferente e prostrato perché incapace di vedere corrisposto l’amore dall’unica donna che abbia conquistato il proprio cuore, abbandona Parigi per ritirarsi in campagna e provare a dimenticare la sventura amorosa. Qui egli aiuta una giovane cameriera orfana, offrendole di lavorare in casa propria. La ragazza col passare dei mesi mostra una maggiore attenzione verso il padrone che infine accoglie e ricambia la sua amorevolezza. Tuttavia, il vuoto generato dall’assenza della signora de Burne non riesce ad essere colmato ed infine dopo che quest’ultima giunge in campagna a trovarlo, egli riconosce definitivamente che il suo sogno – amare Michéle de Burne ed esserne amato sempre come lo ama la sua cameriera – non potrà mai essere soddisfatto.
La storia, che prende larghi spunti dalla vita diretta dello scrittore, sancisce il tramonto inevitabile della concezione che l’amore romantico, che conosce le sue massime espressioni in autori come Goethe, o anche contemporanei di Maupassant come Bourget. Tuttavia, è già nel capolavoro di Flaubert, Madame Bovary, che il sogno di una passione sincera e perennemente viva non riesce a prendere piede nella realtà. Inoltre, non è un caso che sia proprio questo il periodo in cui si formerà la corrente decadentista iniziata in Francia a partire dal romanzo A rebour di Huysmans. Secondo questo filone, non è possibile dare un senso compiuto ed oggettivo della realtà ed ogni tentativo con la pretesa di riuscirci si rivela essere illusorio e fallace.
Nella lettura dell’opera risalta in ogni pagina quanto i due protagonisti siano differenti: mentre Andrea interpreta uno spirito romantico che ricerca la stabilità e la sicurezza di un amore costante, Michela pur amandolo come nessun altro non riesce a sopportare la quotidianità di questa passione e deve necessariamente accompagnare a tale sentimento il divertissement, in una visione schopenhaueriana della vita, dove questa oscilla tra attimi di piacere e lunghi momenti di noia.
Perché, dunque, sarebbe proprio una prospettiva naturalistica a considerare come irraggiungibile, e quindi platonico, il vero amore? È vero forse che la realtà vista attraverso uno sguarda disincantato, obbiettivo e imparziale si riveli essere a tanto crudele? La vita certamente porta con sé inevitabili dispiaceri ma non è solo da questo che essa va giudicata, ma dall’interezza dello spettro delle esperienze vissute che hanno reso la propria esistenza ricca di significato per sé stessi e gli altri.
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