(Pulcinella calcia un sasso, lo manda vicino ai piedi di Scaramuccia.)
Scaramuccia: Pulcinella, che ti succede?
Pulcinella: Medito.
S.: A cosa pensi?
P.: Tempo fa ho sentito Arlecchino che parlava con Arlecchina, e non capisco cosa volesse dire...
S.: Conosco abbastanza i discorsi di Arlecchino. Ti hanno messo tristezza?
P.: Almeno sono discorsi onesti. Ma le previsioni sul futuro restano un mistero.
S.: Lo penso anche io. Cosa ha detto che non hai capito?
P.: “Demagoghi progressisti”...che intendeva?
S.: Intendeva la retorica con cui il progressismo ci opprime e la strategia che i suoi adepti usano per campare. Il progressismo è un’organizzazione di potere, e in quanto tale ha come obiettivo primario il mantenimento del suo stato di comando e della sua struttura, appunto, di potere. Per fare questo, è disposto a qualsiasi ignobile compromesso.
P.: Tutti in questo paese vogliono mantenere il potere a qualsiasi costo. Che ha di diverso dagli altri partiti?
S.: A mio modesto avviso la differenza c’è, esso è una setta che richiede devozione costante, ma ha dei punti deboli. Normalmente un’organizzazione non si colloca solo nello spazio, ma anche nel tempo, in relazione cioè alla storia passata, al presente e al futuro. E qui risiede un carattere del progressismo che potrebbe anche costituire una grave debolezza, una breccia nel muro: esso non si cura realmente del futuro.
P.: Ma i progressisti proiettano tutti i loro discorsi verso il futuro!
S.: Quella è retorica, caro Pulcinella. I progressisti parlano di futuri immaginari, ma nei fatti non si curano dell’avvenire e disprezzano la storia, poiché l’uomo nuovo del progressismo è l’uomo a-storico. I progressisti fanno sempre più fatica a rapportarsi con la loro stessa storia, anche recente, e nei riguardi del futuro stanno scegliendo sempre più di frequente il compromesso, segno che gli interessa il qui e ora.
P.: In un futuro prossimo potrebbe esserci un crollo?
S.: Non è da escludere, perché il progressismo non ha tradizione e, rifiutando la storia, non dispone di grande capacità di adattamento ai cambiamenti che vengono dall’esterno.
P.: Questo è vero, sempre più spesso vomitano odio sul passato e ogni variazione rispetto a ciò che hanno pianificato li terrorizza...
S.: Penso sia naturale. Quando insorgono delle difficoltà, quando il presente (nemmeno il futuro...) appare incerto e un’organizzazione di potere non sa farvi fronte può rivelare il suo volto più ostile. Nel progressismo ciò si nota in maniera vistosa: i maestri delle sette, oggi, tendono a prendersi un po’ in giro, a essere sorridenti, ma è una loro strategia per far sentire a loro agio i succubi. Al sorriso sforzato i progressisti alternano sempre più spesso violente esplosioni di odio. I loro adepti sono nello sconforto, almeno i più vispi.
P.: E perché?
S.: Perché sanno di essere parte di una setta. In una comunità serena e ben funzionante, ogni membro e ogni ordine sociale sa con chiarezza cosa sta facendo. Ciò evita conflitti e coercizione, la comunicazione è aperta e diretta, ogni membro desidera sapere che cosa deve essere fatto e lo chiede, ricevendo una risposta. In tal modo ogni individuo si sente responsabile e si impegna diligentemente per il bene comune a cui sa di contribuire. Questo genera non solo un’adesione ideale alla comunità, ma un’identificazione con essa come dimensione di vita... quattro secoli fa quando io, Scaramuccia, ero la spalla di un Capitano spagnolo, funzionava così. Il progressismo, invece, è la quintessenza del settarismo di partito e nell’ordine progressista i giudizi etici non derivano dagli individui, ma dall’organizzazione. Viene considerato eticamente giusto tutto ciò che consente alla setta di continuare a mantenere il potere e, per spirito di sottomissione, i membri della setta arrivano a negare ogni loro inclinazione naturale di carattere o di idee. Se arrivassero a prendere le distanze dal punto di vista etico, potrebbe iniziare il decadimento della setta tramite un graduale processo di diffusione dell’autocoscienza.
P.: Prendere coscienza di cosa? Che le idee della setta sono sbagliate?
S.: Non semplicemente questo, prendere coscienza del fatto che ogni adepto subordina la realtà concreta a delle visioni astratte sostenute dalla setta. Il progressismo chiede ai suoi membri di firmare un contratto psicologico in base al quale (grazie al clientelismo e alla garanzia di favori) richiede lealtà e sottomissione, utili per l’avanzamento di progetti non dichiarati dalla setta. Se tutti inizieranno a capire che gli obiettivi della setta sono finalizzati ad arricchire i suoi caporioni e costituiscono una serie infinita di passi verso il baratro, allora la gente inizierà a fuggire da questa organizzazione. La questione è che la setta ti insegna che devi dipendere da qualcuno, che da solo non ce la puoi fare. Il progressismo si pone come il partito di “quelli che sono più intelligenti degli altri”, ma nei fatti i suoi adepti (per la maggior parte) sono merli indiani che ripetono dei piccoli mantra restando fermamente convinti di essere uomini dotati di un’elevazione culturale superiore di quella del “popolaccio intollerante”.
P.: E Arlecchino dice che alla fine il risultato sarà comunque lo stesso...
S.: Ma certo, in ogni caso. Il sistema dell’organizzazione di potere progressista si appoggia ai beni materiali e i creditori internazionali (che poi saranno le grandi potenze emergenti) se li prenderanno in ogni caso, senza alcun bisogno di attendere una generale presa di coscienza italica.
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