Notizie tragicomiche da un mondo in agonia
di Riccardo Pasqualin
È notizia del 23 gennaio che una delegazione di talebani sia volata a Oslo per tre giorni di colloqui con diplomatici statunitensi ed europei, nonché gruppi di esuli e attivisti afgani, il tema degli incontri sono i diritti umani e quelli delle donne. Questo gruppo di “distinti signori” in abiti folkloristici è stato alloggiato presso l’hotel Soria Moria (zona nord-ovest della capitale), ma costatando che la visita è pagata dal governo del paese scandinavo, viene da pensare che la Norvegia si sia addentrata in un oscuro tunnel di tolkeniana memoria anziché in un’amena fiaba popolare*: «I progressisti hanno scavato troppo a fondo e con troppa avidità negli abissi del degrado. Sai cos’hanno risvegliato nell’oscurità dell’Asia?»
Cosa si saranno detti gli ospiti convenuti nell’accogliente salottino nordico?
In tutta onestà fanno specie i talebani impegnati in una trasferta femminista, chissà quali sono le loro brillanti argomentazioni: «Quanto a quelle [mogli] di cui temete la disobbedienza, esortatele, allontanatevi dai loro letti, picchiatele» (Sura 4,34). È possibile che abbiano fatto ricorso ai soliti cavalli di battaglia degli apologeti dell’islam: «In Norvegia nessun marito picchia la moglie? E allora? Le percosse per noi sono un messaggio educativo! Picchiamo simbolicamente, usando un fazzoletto o un siwak [il bastoncino per la pulizia dei denti]! È un po’ come si fa coi cani per disciplinarli! Che male c’è!?». Sono queste le culture con cui è bello confrontarsi! Che ricchezza, che profondità!
Riportano i giornali: «Non si tratta di una legittimazione o un riconoscimento dei Talebani», lo garantisce Anniken Huitfeldt, ministro degli esteri norvegese.
Volendo mostrare un minimo di rispetto per le rovine del Regno di Norvegia, possiamo dire che la situazione forse non è ambigua, ma certamente paradossale.
Dall’altra parte del globo, la stampa cinese commenta i fatti con un distacco che sembra una beffa all’“Occidente”.
Ciò che non dovrebbe far ridere sono i commenti compiaciuti pubblicati sulle reti sociali da vari musulmani residenti in Europa, nella consueta indifferenza dei paladini del politicamente corretto. I progressisti hanno protestato contro le conferenze di Oslo, ma nell’anno del Signore 2022 non hanno ancora colto che il fatto più grave è che i talebani hanno dei sostenitori nel vecchio continente: i terroristi sono tornati al potere in Afghanistan, ma dall’Europa non se ne sono mai andati.
È tragico costatare come la Cina, uno Stato comunista, abbia più a cuore la sua tradizione (ovviamente non cristiana) dei governi di mezza Europa. Gli storici Jung Chang e Jon Halliday, nella loro biografia di Mao, hanno dimostrato come il dittatore avesse manifestato sin dalla giovinezza il desiderio di distruggere la cultura cinese: quando era ancora uno studente proponeva «di bruciare in un colpo solo tutte le raccolte di poesie e prosa successive alle dinastie Tang [618-907] e Sung [960-1279]». Eppure a Mao Tse-tung non è bastata una vita intera per annientare del tutto il passato, e oggi Xi Jinping è fondamentalmente sostenuto (semplificando) da un’alleanza tra marxisti creativi e confuciani.
Il filosofo Kǒng Fūzǐ, fondamento dell’etica e del pensiero cinese, accantonato con la rivoluzione culturale (1966-1976), è riscoperto – duole dirlo – anche come argine alla degenerazione “occidentale”. Nel degradato “Occidente” l’uomo di stato si rifiuta anche solo di pronunciare il nome di Cristo quando si parla di politica o di vita civile; come spiegava Francisco Elías de Tejada, l’Europa moderna, come costruzione rivoluzionaria, è solo uno spazio neutrale, non ha identità, né tradizione.
Proprio due giorni fa in Burkina Faso è avvenuto un colpo di stato militare, i portavoce dei ribelli dell’esercito hanno accusato il governo di aver fallito nel rilancio dell’economia del paese e nella lotta contro il terrorismo musulmano. I soldati hanno chiesto inoltre aiuti concreti per le famiglie delle vittime dei jihadisti, a fronte delle migliaia di morti e della fuga di circa un milione e mezzo di persone causate dalle violenze degli ultimi anni. I progressisti occidentali, invece, hanno ben altre strategie per far fronte alla minaccia dell’islamizzazione: arrendersi. Per loro, attualmente, l’unico nemico è il malvagio orso russo, eterno avversario del liberalismo, colpevole (addirittura) di voler tutelare i suoi confini.
In mezzo a questo marasma costante non dimentichiamoci, però, un’altra frase di Elías de Tejada: i carlisti sono cattolici e grazie a Dio non sono “occidentali”. Le prove a cui la sopportazione degli uomini giusti è sottoposta non vengono per distruggerli: «correggendoci con le sventure, [Iddio] non abbandona il suo popolo. Questo sia detto come verità da ricordare» (Maccabei 6,16-17), anche nei momenti più bui del futuro Dio non ci toglierà mai la sua misericordia.
Riccardo Pasqualin
* P.S.: Il Castello di Soria Moria è un elemento dei racconti popolari norvegesi, la sua fiaba fu pubblicata per la prima volta da Peter Christen Asbjørnsen (1812-1885) e Jørgen Moe (1813-1882).
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