Caro Ernesto,
nei giorni scorsi i gazzettieri hanno pensato di spostare l’attenzione dei lettori della Penisola sul caso di un uomo aggredito da un orso. Pare che si tratti del primo attacco mortale da parte di questo animale registrato in Italia negli ultimi 150 anni, e occorrerebbe ricordare anche che il cane è al quarto posto tra gli animali più pericolosi per gli uomini e nel mondo ne uccide 174.000 l’anno...
Gli insegnamenti della vicenda degli orsi possono essere più di uno.
Sulla questione della reintroduzione degli orsi sulle Alpi va detto innanzitutto che in Italia sarebbe stata necessaria una consultazione popolare seria, preceduta da una campagna informativa corretta. Il fatto che tuttavia mi ha sorpreso è un altro, ossia che molti sedicenti montanari abbiano affermato con candore: “Per noi il bosco è come un giardino”.
Come un giardino? Forse per un certo periodo è stato tale, ma di sicuro non da sempre. Il bosco non è sempre stato un giardino, anzi, per secoli è stato un luogo inospitale, che veniva frequentato dall’uomo perché poteva offrire delle risorse da sfruttare. Per secoli il bosco è stato considerato un luogo pericoloso, in cui si andava armati e da cui bisognava tenere lontani i bambini. I montanari hanno creato innumerevoli leggende per tenere distanti i loro figli dai boschi; nel bosco non si andava a correre né a piedi né in bicicletta. I montanari si avventuravano nel bosco consapevoli dei rischi che potevano correre.
L’uomo ha impiegato secoli per soggiogare le forze della natura, che nei fatti sono minacciose, e il bosco non fa eccezione: era un posto pericoloso come la savana. Ma secondo quanto è stato appurato dagli studiosi, sterminare i predatori è stato un errore, che ha danneggiato gli ecosistemi conducendo a degli squilibri. Per pensare al futuro si sarebbe dovuto riflettere sulla tradizione e interrogare gli abitanti delle montagne. Quando si è pensato di reintrodurre l’orso bisognava chiedere alla popolazione: “Volete che il bosco torni a essere un ambiente che può avere dei pericoli in più? Riportare qui un predatore significa fare delle rinunce e cambiare stile di vita: si tratta di una decisione che può limitare gli spostamenti delle persone e richiedere la creazione di strutture protettive per i centri abitati.”
Nonostante molte comunità montane dell’arco alpino abbiano alle spalle importanti storie di partecipazione dal basso dei loro membri alle decisioni di rilievo sociale e politico, nessuna consultazione è stata fatta: non c’è stata una discussione adeguata, né preparazione, né informazione.
Le scelte potevano essere due: o si potevano lasciare le cose così come erano o si sarebbe potuto procedere con un’opera di recupero dell’ecosistema appoggiata dalla volontà dei popoli interessati. Ora non è più possibile tornare indietro senza eliminare la maggioranza degli orsi, fatto che l’opinione pubblica non accetterà mai – e quindi l’unica via possibile è probabilmente quella di modificare lo stile di vita degli abitanti delle aree interessate dalla presenza di lupi e orsi. Resta il fatto che tutti gli animali pericolosi andrebbero vigilati e ciò dovrebbe prevedere il controllo del numero dei predatori, la loro redistribuzione e, in caso di necessità, il loro abbattimento. Se inoltre si decidesse di abbattere gli animali che abbiano aggredito l’uomo (come si faceva in passato), a rigor di logica e di coerenza ciò non dovrebbe riguardare esclusivamente i lupi e gli orsi, ma ad esempio anche i cani, le vacche e i tori.
Nella nostra epoca manca il senso della misura, sulla questione dell’orso il dibattito si divide tra coloro che vorrebbero annientare ogni predatore presente nei boschi e coloro che hanno totalmente soppresso il naturale istinto di autoconservazione dell’uomo, anteponendo completamente gli interessi delle bestie a quelli degli esseri umani; sono entrambi deliri figli della modernità. E naturalmente di queste dispute – come sempre – si nutre chi ha tutto l’interesse a mantenere diviso il popolo. In mancanza di meglio, anche la “storia dell’orso” (come si usa dire in veneto) è utile a fertilizzare la zizzania: evitare il confronto sano e utile e favorire gli scontri.
Questa lezione dell’orso è particolarmente utile per capire come sia utilizzato lo strumento della partecipazione: si sottopongono alla moltitudine quesiti riguardo cui il bene e il male non possono essere decisi per alzata di mano e contemporaneamente vengono imposte alla popolazione delle decisioni su cui dovrebbe decidere, poiché riguardano direttamente la sua quotidianità.
Catfish King
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