domenica 7 agosto 2022

Nuovo saggio sul Carlismo: interessanti i documenti, deludente l'analisi

È da poco uscito Controrivoluzione in Spagna. I carlisti nell’assemblea costituente (1869-1871) di Carlo Verri. L’opera si fonda soprattutto sullo studio di documenti d’archivio e il prefatore Pedro Rújula ne riconosce il valore, presentandola come una storia dei vinti che serve per capire i vincitori. È già un passo avanti rispetto a certa storiografia italiana che talvolta è andata a creare quello che si può definire “un risorgimento senza nemici”, ossia una percezione sfalsata secondo la quale i rivoluzionari sarebbero riusciti ad avanzare quasi senza alcun ostacolo ideologico o politico, rallentati solo dalle guarnigioni austriache di stanza nella Penisola.

Rújula aggiunge che: «Il presente libro ci offre la possibilità di rilevare gli sforzi di trasformazione delle basi politiche e dei fondamenti ideologici, compiuti da un gruppo che, per definizione, nel suo tradizionalismo, avrebbe dovuto rimanere immobile e legato al passato», segno che egli non ha compreso la concezione carlista della tradizione in cui non esiste progresso senza conservazione né conservazione senza progresso. I carlisti sono considerabili antimoderni (e antiprogressisti) in senso compagnoniano, rifiutano cioè una determinata idea di modernità, ma non sono ancorati a epoche che si sono concluse (e che soprattutto sono terminate per ragioni che vanno comprese).

Critico verso il Carlismo è anche il Verri, il quale riconosce che l’ideologia del movimento non è un assurdo desiderio di “tornare indietro”, bensì un progetto futuro, quindi un’idea che supera il semplice reazionarismo, ma poi nei discorsi dei politici in boina rossa non scorge altro che proposte politiche vaghe e indefinite. Va notato che nella sua analisi l’autore esclude la seconda guerra carlista, egli scrive che: «i carlisti scatenano la guerra civile (’33-’39 e ’72-’76) per far fronte ad un periodo di crisi acuta e a una temuta deriva rivoluzionaria». La minimizzazione della seconda Carlistada deriva forse dalla volontà di rendere più semplice l’introduzione all’argomento trattato per i lettori completamente digiuni di storia ispanica, tuttavia resta il fatto che anche le scelte adottate nella sintesi proposta avrebbero dovuto essere motivate in maniera più chiara.

Ancora nella prima parte del saggio è ripetuto che il Carlismo ha un suo pensiero e che la guerra è per esso l’extrema ratio, non l’unica dimensione di vita; esiste allora una storia politica del tradizionalismo, di cui questo libro prova a ricostruire una parte molto interessante. Contro il governo asburgico il rivoluzionario veneto Daniele Manin, in opposizione alla mazziniana “politica del pugnale”, scelse la strada della “lotta legale e legittima”, in maniera in parte simile i carlisti usarono le prassi del sistema parlamentare in funzione antisistema. Le divisioni (più o meno durature) e le dispute fanno parte del cammino del Carlismo, ma Verri evidenzia anche la sua capacità di crearsi una rete con giornali, circoli, giunte e iniziative elettorali. La più importante tra le battaglie politiche tradizionaliste fu quella per tutelare l’unità cattolica delle Spagne, seguita dalla difesa delle comunità religiose e dei beni ecclesiastici: «la verità, i poteri, i diritti dell’uomo derivano da Dio, la sovranità non è né della ragione né dell’individuo né tanto meno della nazione, è sempre Dio a trasferirla – tramite il popolo – a chi guida lo stato; le due autorità in terra (ecclesiastica e civile) sono indipendenti ma non separate e si devono sostenere a vicenda».

Già nell’Ottocento i tradizionalisti spiegavano che l’indifferentismo religioso e le false libertà avrebbero aperto le porte a fenomeni che si sarebbero ritorti contro gli stessi liberali: rivolta contro lo stato, crollo del sentimento di appartenenza, insulti a mezzo stampa e persino la poligamia. A differenza di quanto ritiene Verri, però, queste argomentazioni non sono «tesi della messa a repentaglio» e «retorica dell’intransigenza», ma moniti che la storia ha confermato. È con l’indifferentismo religioso che nelle Spagne sono arrivati gli attentati terroristici musulmani, questa è una realtà. Non è «retorica» dire che i maomettani potrebbero ottenere la legalizzazione della poligamia per ragioni di “ordine pubblico”(1), o in futuro tramite il voto. Miguel Ayuso lo ha riassunto magistralmente: la democrazia come forma di governo è semplicemente una modalità con cui uno stato può essere amministrato, ma la democrazia come fondamento di governo significa che il bene o il male sono decisi in base alla quantità di crocette da analfabeta che si riescono a racimolare.

Controrivoluzione in Spagna è un libro su cui si può discutere, ma che resta istruttivo. In esso, ad esempio, è esplicata la posizione del Carlismo davanti all’uso del vocabolo partito: «un termine che – in quanto invenzione liberale – [i tradizionalisti] rigettano formalmente e al quale non a caso non ricorrono per definire se stessi, preferendo chiamarsi Comunión».

In definitiva, come studio focalizzato sulla capacità di adattamento (e di apprendimento) del Carlismo, riguardo tale tema il libro di Verri rientra nella categoria delle varie fonti utilizzabili con raziocinio.  

 Riccardo Pasqualin


(1) Roberto Gómez Bastida, España reconoce la poligamia por razones «de orden público», in «La Esperanza», 17 maggio 2022.

Carlo Verri, Controrivoluzione in Spagna. I carlisti nell’assemblea costituente (1869-1871), Viella, Roma 2021, p. 128, € 23

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