domenica 3 febbraio 2019


Una resistenza dimenticata

Tradizionalisti martiri del terrorismo dell'ETA


Recensione al saggio di Víctor Javier Ibáñez, Una resistencia olvidada. Tradicionalistas mártires del terrorismo, Auzolan, s.l., s.d. (ma: Bilbao, 2017), p. 230, € 22


Attentati contro abitazioni, giornali e monumenti sacri; minacce, aggressioni, assassini e trasferimenti forzati… Quello tradizionalista è stato il gruppo politico che più ha sofferto a causa del terrorismo separatista basco. L’ETA, esaltata dalla cultura progressista italiana a causa delle comuni radici marxiste, non colpì solo obiettivi del “centralismo” statale, bensì anche carlisti, conscia che proprio in questi ultimi avrebbe trovato avversari ancor più temibili, in quanto capaci di sottrarre consensi all’ideologia separatista basca. Il Carlismo, infatti, incarna il più puro tradizionalismo cattolico e monarchico ed il suo ideario è sintetizzato nel motto «Dio, Patria, Fueros e Re», dove i Fueros rappresentano il diritto consuetudinario – che anche il Re deve osservare – e quindi il rispetto delle tradizioni giuridico-politiche locali. Di fatto un’ampia autonomia amministrativa, pur se all’interno della Patria e, naturalmente, della Religione (l’unica vera).

Quindi una concezione lontana nei presupposti dottrinari dal separatismo basco, di carattere etnico e caratterizzato dall’uso della violenza: non solo negli attentati eclatanti a suon di bombe, ma anche nel continuo stato di terrore in cui venivano tenuti gli abitanti dei paesi Baschi, con i negozianti costretti a pagare una sorta di “pizzo” per finanziare “spontaneamente” l’ETA.
Ibáñez ricostruisce le vicende di una parte poco nota della guerriglia separatista anche per rompere il colpevole silenzio della stampa generalista in seguito al “cessate il fuoco” unilaterale dei terroristi baschi. Il saggio propone una visione sistematica delle circostanze che il carlismo dovette subire in un momento particolarmente drammatico della sua storia. Periodo amaro ed oscuro, perché i carlisti, che avevano offerto generosamente la propria vita in difesa della Spagna tradizionale e cattolica durante la Cruzada del 1936 e più volte nell’Ottocento, attraversava una drammatica crisi interna nel momento in cui le si scagliò contro l’attacco terroristico, a partire dal 1961 (prime minacce esplicite) in un crescendo che nel 1975 vide il primo assassinio di un carlista. Diviso internamente, inviso al regime franchista in un momento in cui la società e la Chiesa spagnola inclinavano sempre più pericolosamente verso il liberalismo ed il relativismo, l’attacco dell’ETA completava la strategia per cercare di annientare il vero tradizionalismo cattolico. «Distruggere e demoralizzare il Carlismo, eliminarlo e toglierlo di scena, o meglio ancora controllarlo ed indirizzarlo verso posizioni rinunciatarie o di tradimento dei suoi ideali, si dimostrò essere una manovra azzeccata, efficace al fine di eliminare il più profondo strato morale di queste terre ed un mezzo di togliere dalla scena coloro che con la loro semplice presenza, sia per le idee che incarnavano sia per la continuità con il loro passato che rappresentavano erano motivo di fastidio o di inquietudine per chi difendeva vittoriosamente il separatismo, la menzogna e l’apostasia» (p. 15-16). Così scrive Andrés Gambra, tra i più distaccati esponenti del Carlismo contemporaneo, nel suo illuminante prologo. Inoltre Ibáñez denuncia l’interpretazione, «falsa e calcolatamente diffamatoria» che indica nel Carlismo la base ideologica del separatismo basco, che invece affonda le proprie radici in un mélanges fatto di pagano Volkgeist, di repubblicanesimo mazziniano, di marxismo e – paradossalmente – di nazionalismo totalitarista. Nulla ha in comune l’autonomismo carlista con il separatismo basco (o catalano) che peraltro ha storicamente oscillato tra democratismo cristiano prima ed ateismo poi: né da un punto di vista ideologico, né da quello operativo, «fatto di estorsioni e di colpi alle spalle. Ma si tratta di una confusione astuta, volta a squalificare il Carlismo e nel contempo ad assimilare il comportamento satanico dell’ETA con ciò che di meglio ha prodotto la storia patria» (p. 17).
Tornando al terrorismo, dopo aver attaccato alcuni simboli del Carlismo, si passò all’eliminazione fisica di uomini: Ibáñez ricostruisce le vicende di sei attacchi a simboli (il monumento in Navarra ai caduti della Cruzada, il giornale El Pensamiento Navarro, il monumento a Sanjuro, la magioni nobiliari di famiglie carliste) e di venticinque omicidi, per poi descrivere il clima di terrore creato al fine di costringere varie famiglie carliste ad abbandonare la propria terra, in un progetto di dominio nazionalista e di sostituzione demografica.
L’ultimo capitolo del saggio è dedicato alle vicende politiche della Comunione Tradizionalista negli anni successivi alla fine di Franco fino all’inizio degli anni Novanta, con i tentativi (infruttuosi) di utilizzare le elezioni democratiche per avere un ruolo nella gestione della cosa pubblica.

Gianandrea de Antonellis 

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