venerdì 18 aprile 2025

Gonfaloni di San Marco

Padova, Manifestazione contro il Riarmo: prevalgono i Gonfaloni di San Marco

Ieri pomeriggio, 11 aprile 2025, nel cuore del centro storico di Padova, si è svolta una manifestazione contro il riarmo europeo e le politiche “occidentali” verso la Federazione Russa. L’iniziativa, promossa da associazioni abbastanza anonime nel panorama dell’attivismo politico locale e legate più che altro al mondo digitale delle reti sociali, ha rapidamente guadagnato attenzione e partecipazione ben oltre le aspettative iniziali.

Nei primi minuti del ritrovo, i manifestanti erano poche decine, quasi invisibili, se non fosse stato per alcune bandiere dell’Unione Europea opportunamente modificate: al centro del cerchio di stelle dorate è stato posto un teschio, simbolo provocatorio di un’Europa che, secondo gli organizzatori, «marcia in armi verso la propria rovina». Ma ben presto la situazione ha preso una piega più significativa, nel giro di circa una mezz’ora la folla è cresciuta esponenzialmente e, tra cori, slogan contro la NATO e contro la militarizzazione dell’UE, sono spuntati con decisione i Gonfaloni di San Marco.

Per chi segue con attenzione le vicende del Donbass sin dal 2014, questa presenza – per nulla inedita – è densa di significato. L’apparizione massiccia di simboli legati all’indipendentismo veneto ha reso chiaro ciò che già avevamo segnalato sulle pagine di questo nostro Diario con una cronaca del 25 aprile 2022: la parte maggioritaria dell’indipendentismo veneto si è avvicinata alla causa russa, e la guarda con una speranza “non dichiarata”. L’idea che l’esito positivo dell’operazione speciale russa in Ucraina possa produrre uno sconquasso nell’ordine geopolitico continentale alimenta desideri di destabilizzazione e, per alcuni, di liberazione. Gli striscioni apparsi ieri parlano chiaro: I Popoli Veneti e Russi Sono Amici.

C’è qualcosa, in questo scenario, che ricorda gli entusiasmi sbocciati tra i cattolici italici durante la terza guerra carlista in Spagna: la prospettiva che uno sconvolgimento internazionale potesse portare a una vera restaurazione. Tuttavia oggi, per i tradizionalisti, la prudenza è d’obbligo. Gli indipendentisti veneti, pur legati simbolicamente al glorioso passato della Serenissima e quindi di un governo di antico regime, concretamente si muovono spesso su coordinate ben diverse.

Molti di loro abbracciano infatti una visione anarcoide e radicale dell’autodeterminazione: “indipendenza” per chiunque la chieda, ovunque, e a prescindere da radici storiche, ordine politico, coerenza culturale e legittimità. Una visione che tuttora li avvicina pericolosamente all’etnonazionalismo secessionista catalano o basco – visioni incompatibili con il Carlismo.

Positiva è senza dubbio la presenza al ritrovo di sacerdoti (non progressisti), ma tra gli antisistema non mancano mai gli anticlericali: sono movimenti rispetto cui è bene tenere le distanze.

La manifestazione di ieri, che infine ha visto circa trecento persone bloccare le strade tra Piazza Mazzini e Piazza dei Signori (non poco in un’epoca di ignavia politica), ha mostrato un quadro di cui bisogna tener conto: i gonfaloni marciani superavano nel numero i tricolori italiani. Va peraltro notato che questa volta il serpentone di gente non è stato ingrossato dalla presenza di esponenti dei centri sociali. 

È un segnale simbolico forte, che potrebbe prefigurare mutamenti futuri nella politica locale, soprattutto in ragione del fatto che Luca Zaia, figura emblematica di politico ultraprogressista che tuttavia si è ammantato di un falso tradizionalismo puramente di facciata, non potrà ricandidarsi alle prossime elezioni regionali venete. Forse ci si prepara quindi a una fase di transizione, in cui le spinte antisistema e indipendentiste potrebbero tentare il salto verso un ruolo istituzionale.

Resta da capire quali forze emergeranno e in che misura i simboli di ieri si tradurranno in strutture politiche organizzate. Per ora, quel che è certo è che il Veneto ribolle sotto la superficie e che la manifestazione padovana potrebbe aver sollevato brevemente il coperchio dal calderone. La crescita di un partito cattolico, localista, federalista e non anti-ispanico sarebbe forse l’unico cambiamento rilevante a cui dare un minimo di fiducia.

Riccardo Pasqualin

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