lunedì 27 febbraio 2023

Un brindisi alla «sostituzione etnica» in Tunisia

Negli ultimi giorni il presidente tunisino Kaïs Saïed ha fatto molto parlare di sé per via di alcune sue esternazioni xenofobe. Secondo il politico, infatti: «C’è un piano criminale per cambiare la composizione demografica del paese» (1)... Sembra di sentir parlare qualche leader di estrema destra europeo e invece si tratta niente meno che di un musulmano che si appella a fantomatiche “radici islamiche”: un seguace di quella «religione di pace» che i progressisti italici tanto osannano! Che sia forse che i maomettani amano l’immigrazione solo quando è musulmana? Che sia forse che Saïed abbia dimenticato che i suoi connazionali immigrano sul suolo europeo con le stesse modalità illegali che egli contesta ai migranti economici che stanno giungendo sempre più numerosi nel suo paese?

La giornalista Laura Rodriguez ha commentato le dichiarazioni del politico nordafricano ascrivendole al complottismo. Ma chi mina i fondamenti del maomettismo in Tunisia? Ella nel suo articolo cita il «presunto rischio [che] arriva dai migranti subsahariani di religione cristiana» (2).
Nella costituzione tunisina promulgata nel gennaio del 2014 non era presente il reato di apostasia, tuttavia il testo era molto ambiguo per quanto concerne la libertà di culto per i cristiani e non gli permetteva di accedere alla presidenza del paese. Sui diritti dei cristiani, la costituzione fatta approvare nel 2022 dallo stesso Saïed non apre alcuno spiraglio. Alla Chiesa Cattolica è di fatto impedita ogni forma di espressione pubblica del sentimento religioso, e in un simile contesto l’arrivo di un numero consistente di immigrati cristiani provenienti dall’Africa subsahariana sta adirando i settori più integralisti della popolazione. Secondo stime recenti, in Tunisia i musulmani sono ancora circa il 99% della popolazione, ma le previsioni sull’emigrazione e il calo del tasso di fertilità (3) preoccupano i nazionalisti locali, anche a fronte del tasso di natalità degli immigrati.

Il caso della Tunisia risulta piuttosto interessante e i suoi sviluppi saranno certamente da seguire con attenzione, ma non è un unicum, poiché la questione degli immigrati cristiani inizia a porsi con una certa importanza anche in Marocco.

L’opinionista francese Éric Zemmour ha apprezzato le dichiarazioni di Saïed e le ha condivise sui suoi canali, attirandosi l’attenzione della stampa. Egli non è cristiano, bensì israelita, e forse la sua posizione può anche essere compresa, ma è sconfortante notare l’approvazione che il presidente tunisino sta ricevendo da alcuni conservatori europei: gli stessi che a parole, in altri contesti, difendono le «radici cristiane dell’Europa». E ciò ci offre già una lezione importante: quest’ultimo fatto è l’ennesima dimostrazione di come i sinceri tradizionalisti non possano fare affidamento su quelle destre contemporanee che non si riconoscono nell’idea della Cristianità, ma portano avanti l’errore del nazionalismo (per altro senza alcuna visione globale della politica).

Quanto al presidente tunisino, è bene ricordargli che le cosiddette «radici islamiche» della Tunisia con cui ama condire i suoi discorsi sono solo una sua costruzione, che può essere facilmente messa in crisi aprendo un libro di storia: prima delle invasioni maomettane, la terra che oggi viene chiamata Tunisia era una regione cristiana e un grande centro di evangelizzazione. Nell’attuale Tunisia predicò Agostino, Tertulliano e San Cipriano erano nativi di Cartagine e l’islamizzazione del territorio fu possibile solo con una serie di spedizioni militari a cui le popolazioni autoctone opposero una fiera resistenza.

Sarebbe poi interessante meditare sul passato schiavista della Tunisia. Possediamo pochi dati quantitativi certi riguardo la tratta degli schiavi attraverso il Sahara fino al Nordafrica: le informazioni esistenti suggeriscono che una tratta degli schiavi trans-sahariana di qualche importanza e protratta in modo sistematico, probabilmente, non si sia sviluppata se non dopo l’introduzione del trasporto con i cammelli, e, più in particolare, dopo la conquista araba. Gli storici stimano che la marcia di uomini e donne attraverso il deserto sia stata condotta con regolarità, ma con gravi difficoltà e numerosi decessi per ogni singola carovana. Alla “tratta dei neri” vi è poi da sommare quella dei “bianchi”, ossia tutti quegli europei che nel corso dei secoli che vanno dall’islamizzazione della Tunisia alla sua sottomissione al governo francese sono stati catturati dai predoni, dai pirati e dai corsari per essere trattati come merce. Una certa percentuale degli abitanti della Tunisia potrebbe inconsapevolmente discendere da schiave europee rapite e costrette a convertirsi.

Secondo i deliri dei progressisti europei l’accettazione dell’immigrazione sarebbe parte di un processo di “decolonizzazione”, e allora perché non decolonizzare anche il Maghreb dal colonialismo musulmano? Come in alcuni paesi si abbattono le statue di personaggi storici scomparsi da secoli, nell’Africa settentrionale i progressisti potrebbero valutare di iniziare ad abbattere qualche moschea vecchia o nuova.

A noi, come cattolici, della “forza del numero” non importa nulla, nel Vangelo di Luca è scritto: «Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato». Ma ogni tanto bisogna lasciarsi anche andare all’ironia; nell’attesa della decolonizzazione, quindi, brindiamo alla sostituzione etnica della Tunisia! E ovviamente per fare la festa al maomettismo brindiamo con alcolici e superalcolici, pronti a stappare qualche bottiglia anche per i nostri correligionari africani.

Riccardo Paqualin


Note

1. Laura Rodriguez, Il presidente tunisino contro i migranti africani: “Un rischio per le nostre radici islamiche”, in «Today Mondo», 24 febbraio 2023.

2. Ibidem.

3. Cfr. Valentina Giulia Milani, Tunisia: emigrazione e infertilità, verso un calo demografico, in «Africa. La rivista del continente vero», 17 maggio 2022.

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