Don
Carlos V! Chi era costui? Il nome “Don Carlos” suscita nel lettore di cultura
italica più suggestioni letterarie e soprattutto musicali che storiche. La
figura del primo figlio di Filippo II (volutamente falsata da Schiller in
chiave antispagnola ed immortalata dall’opera lirica di Giuseppe Verdi) rischia
di eclissare quella, ben più rilevante dal punto di vista storico e
fondamentale da quello dottrinario, di Don Carlo Maria Isidoro di
Borbone-Spagna, dal cui nome nasce il movimento politico, culturale e
dottrinario che, fino ai nostri giorni è presente soprattutto in Spagna, ma
anche nel resto del mondo.
Già,
perché il Carlismo non è un movimento sorto per difendere i diritti dinastici
di uno o di un altro pretendente, bensì per battersi in favore di un Ordine
tradizionale, legato alla religione cattolica, alla monarchia tradizionale
(cioè non liberale né assoluta), rispettoso della Terra dei padri (che non si
identifica con la nazione) e dei diritti tradizionali di ciascuna terra (la
Corona spagnola, tanto spesso calunniata, manteneva intatte le diverse leggi di
ciascun Regno, senza imporre una legislazione “sovranazionale”, come pretende
di fare adesso la Comunità Europea).
Eppure il Carlismo rimane pressoché sconosciuto al pubblico più vasto: qualcuno, studiando il risorgimento, incontra il nome di qualche militare spagnolo che si batté contro l’Unità nel 1861, come il generale José Borjes, e che provenivano dalle fila del Carlismo. Grazie a Borjes, dunque, si sa che almeno il Carlismo era un movimento legittimista spagnolo, che difendeva i diritti di Don Carlos contro quelli della nipote Isabella, ma poco più. Si ignora che esso è ancora esistente, che non è limitato alla sola Spagna e soprattutto che non riguarda una mera questione dinastica.
Se poi si
volesse fare un salto in libreria per approfondire l’argomento, si troverebbe solo
un saggio che ne ripercorre le vicende storiche (Jordi Canal, Il Carlismo. Storia di una tradizione
controrivoluzionaria nella Spagna contemporanea, Guerini, Milano 2011) ed
il romanzo ottocentesco – uscì nel 1873-1874 – Ernesto il disingannato (Vincenzo D’Amico, Nocera Superiore,
Salerno 2017) che, essendo il primo romanzo carlista (ed anche il primo romanzo
“borbonico”) della letteratura italiana, reca in appendice una efficace, ma
breve, sintesi storico-dottrinaria del pensiero carlista. Ancora troppo poco.
Giunge
dunque a proposito la pubblicazione di questo testo – apparso quarant’anni or
sono per le edizioni Thule a cura di Paolo Caucci von Saucken e ormai
introvabile – che rappresenta la Summa della dottrina tradizionalista.
Il
saggio, proposto in una traduzione rivista, completa e preceduta dalle
introduzioni di Miguel Ayuso e dello stesso Caucci von Saucken, nacque come
testo “interno” del Carlismo: redatto in prima bozza da Francisco Elías de
Tejada – uno dei massimi pensatori tradizionalisti del ’900, conosciuto
soprattutto per la sua monumentale opera sulla storia del pensiero politico
napolitano: Nápoles hispánico (Napoli spagnola) e per la sintesi
dottrinaria de La Monarchia tradizionale –, fu integrato da alcune
riflessioni frutto di discussioni di un importante numero di tradizionalisti,
tra cui il filosofo tomista e distaccato esponente del pensiero carlista Rafael Gambra, che fu capo della segretaria
politica di Don Sisto Enrico di Borbone, l’attuale Legittimo Pretendente (o
meglio Abanderado) al Trono ispanico. Francisco Puy fu infine il
revisore del testo finale, che costituisce dunque il frutto di un intenso e
rigoroso lavoro intellettuale finalizzato a far conoscere i risultati di
un’accurata ricerca storico-teoretica e a definire un corpo dottrinale di
sicura ortodossia tradizionalista e di notevole impegno morale che potesse
costituire il punto di riferimento più sicuro per il Carlismo e per tutto il
mondo della Tradizione cattolica.
Il
risultato è quindi una sorta di “manuale” che descrive e spiega l’ideario del
Carlismo, incentrato nei quattro punti del suo programma-giuramento: Dio,
Patria, Fueros, Re legittimo. Cioè Religione cattolica, difesa della Terra dei padri (non della giacobina ed astratta nazione), libertà concrete (e non libertà astratta), Monarchia tradizionale (con legittimità di diritto e soprattutto di esercizio: non si è Re se si appoggia o anche solo si sopporta una legislazione anticristiana).
«Il
Carlismo infatti è: Una bandiera dinastica: quella della legittimità.
Una continuità storica: quella delle Spagne. Una dottrina
giuridico-politica: quella tradizionalista» (p. 48).
In altre
parole, il Carlismo altro non è che la Tradizione cattolica attualizzata ed
adattata ad un disegno politico valido non solo per i territori ispanici, ma
per tutto il mondo.
Gianandrea de Antonellis
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