Un principe maomettano diventa zuavo pontificio e cade in difesa di Don Carlos
«Ci giungono da Elizondo, in Spagna, notizie datate 17 novembre, secondo le quali il Principe Gabriel Allamy-Effendi, figlio del Pascià di Gerusalemme, tenente di fanteria ed ex alfiere del brillante battaglione delle Guardie formato dall’illustre Generale Tristany, è caduto vittima delle orde alfonsine.
Otto anni fa, Allamy-Effendi, figlio del Pascià di Gerusalemme, discendente diretto della stirpe di Maometto, aprì gli occhi alla luce della verità, chiese istruzioni private al Patriarca cattolico e domandò di ricevere il battesimo in segreto, per non perdere i privilegi della nascita e i diritti dell’eredità paterna. Monsignor Valerga gli disse che il sacrificio doveva essere completo, e il giovane musulmano prese allora una decisione eroica.
Assalito da innumerevoli pericoli e accompagnato solo da un servo, fuggì lontano dalla sua terra natale e riuscì a giungere a Roma, dove si affrettò a gettarsi ai piedi di Pio IX. Il Santo Padre, che già conosceva la sua storia, lo accolse nella Chiesa. La fuga di questo Principe maomettano convertito suscitò grande agitazione nella sua patria, e fu rinnegato dai suoi familiari. Così passò dal vertice della ricchezza alla più abietta povertà. Ma che gliene importava? Felice di venerare il vero Dio, aveva rinunciato con gioia a tutto.
Il Vicario di Cristo, non dimentico del suo sacrificio, lo ammise nel piccolo esercito che difendeva i domini pontifici, con il grado di sergente e una pensione vitalizia. Fu in questo glorioso esercito che Allamy-Effendi ebbe l’onore di servire, fino a quando gli infami usurpatori non imprigionarono il venerabile Pontefice nel Vaticano.
Come altri eroi, suoi fratelli d’armi, ormai Conte, ebbe la triste gloria di essere trascinato dai suoi barbari conquistatori di città in città, insultato e infine imprigionato. Uscì dal carcere più determinato che mai a difendere la causa di Dio; e allo scoppio della guerra carlista, vedendo sventolare al vento il nobile stendardo che Carlo VII aveva dispiegato, salutò per l’ultima volta il Santo Padre — la cui benedizione volle ricevere di persona —, rinunciò a parte della sua pensione e si unì umilmente e modestamente ai valorosi catalani radunati attorno al coraggioso Don Alfonso de Borbón.
Allamy-Effendi fu assegnato al Battaglione delle Guide che, parte dello stato maggiore, seguiva il Generale Tristany. Sembrava avere il presentimento che sarebbe caduto per la sacra causa di “Dio, Patria e Re”, ma voleva morire con la spada in pugno, e non essere vilmente assassinato contro tutte le leggi di guerra e contro gli accordi solenni stipulati tra i Generali Tristany e Martínez Campos.
Allamy-Effendi si era distinto nella presa di Seo de Urgel, nell’agosto 1874, e per il suo valore ricevette la Croce Rossa al Merito. Seguì il Generale Tristany in tutte le sue vittorie, ma non poté a lungo sopportare le fatiche delle più recenti campagne e fu costretto a cercare ristoro e guarigione con un breve soggiorno nell’ospedale di Moya. Alcune settimane fa lasciò l’ospedale e tornò al suo battaglione, dove fu nominato sottotenente e alfiere dal Generale Tristany. Fu promosso tenente sul campo di battaglia.
Si stava dirigendo verso Prados de Llusanos, pieno di fiducia, poiché portava con sé una lettera di dimissione dall’ospedale di Moya, che secondo l’accordo tra i Generali Tristany e Martínez Campos, doveva garantirgli incolumità. Ma il povero Effendi, lungo la strada, cadde nelle mani di un distaccamento alfonsino e fu barbaramente assassinato e trafitto dalle baionettate, nonostante le sue proteste per l’infrazione degli accordi. Resta da vedere se questo delitto aprirà finalmente gli occhi alle nazioni europee…
Tale fu la fine di questo Principe musulmano, discendente diretto di Maometto, che, rigenerato dalle acque del Battesimo, cadde sul suolo di Spagna difendendo la sacra causa di “Dio, Patria e Re”, per la quale morì martire delle sue convinzioni religiose e politiche. Che il mondo giudichi tra lui e i suoi assassini. Possa riposare in pace. »
Oggi sono necessarie ulteriori ricerche per mettere in luce la figura di Allamy-Effendi.
Il suo numero di registrazione come Zuavo Pontificio è 6910, e risulta registrato come Abdallah Mustafa. Nato a Costantinopoli il 5 maggio 1841, entrò a far parte degli zuavi pontifici il 28 gennaio 1868 e lasciò il servizio il 27 gennaio 1870.
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Tratto dal numero dell’11 dicembre 1875. del New York Freeman’s Journal and Catholic Register
Traduzione di Riccardo Pasqualin
Per saperne di più sulla vita e la storia degli Zuavi Pontifici, consulta i libri:
Francesco Maurizio Di Giovine, Gli Zuavi Pontifici e i loro nemici, Solfanelli, Chieti 2020
Un volume completo ed esuaustivo su questo corpo militare, che si avvale anche della prefazione
di S. A. R. Don Sisto Enrico di Borbone
e
Charles Marie Emmanuel du Cöetlosquet SJ, Theodore Wibaux: Zuavo Pontificio e Gesuita [1887]
Una biografia di un giovane zuavo francese, composta attraverso le sue lettere e i suoi diari.
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