sabato 28 giugno 2025

Juan Garrido, il primo conquistador nero


Premessa

Traduciamo dallo spagnolo un articolo del giornalista Iván Fernández Amil apparso il 20 giugno 2024 su El Español e dedicato al conquistador Juan Garrido, che fu il primo conquistador nero e braccio destro di Hernán Cortés. «Di presunta origine guineana, arrivò come schiavo a Lisbona, dove ottenne la libertà. Fu arruolato con gli spagnoli nelle spedizioni di Ponce de León e di Hernán Cortés. Carlo I gli concesse una pensione alla fine della sua vita».

Un conquistador nero al servizio delle Spagne

Il 26 dicembre 1521, un gruppo di schiavi africani si ribellò contro i propri padroni in una piantagione di zucchero del viceré Diego Colón, figlio di Cristoforo Colombo, nell’attuale Repubblica Dominicana in quella che fu la prima rivolta di schiavi africani in America.
Quell’insurrezione avrebbe portato alla nascita delle prime leggi sugli schiavi nel continente, poiché appena 12 giorni dopo, il 6 gennaio 1522, venne promulgata una legge sulla schiavitù per evitare future ribellioni. La Spagna non era una nazione che commerciava direttamente schiavi, quindi da dove provenivano questi ultimi? Dal suo vicino: il Portogallo.
La Corona portoghese aveva ottenuto il diritto di commerciare schiavi non cristiani a metà del XV secolo, grazie a una bolla papale [Romanus Pontifex], e iniziò così a catturare gruppi di africani lungo la costa africana per poi venderli ad altri Paesi europei in un giro d’affari milionario che, in appena un secolo, aveva già deportato oltre 100.000 schiavi nel continente americano.
Uno degli schiavi catturati dai portoghesi fu il primo nero ad arrivare da uomo libero in America: un conquistatore che introdusse il grano nel Nuovo Mondo, che costruì un tempio cristiano nella Nuova Spagna, che fu il braccio destro del leggendario Hernán Cortés e che venne scambiato per un dio: Juan Garrido.

Principe o schiavo?

Gli storici collocano la nascita di Juan Garrido verso il 1480; venne al mondo in Guinea, terra africana allora dominata dai portoghesi, dove fu venduto. Arrivò a Lisbona a soli 15 anni. Altre fonti affermano che il padre di Garrido fosse un re tribale che lo inviò nella capitale portoghese affinché ricevesse un’educazione europea e cristiana, utile per renderlo un futuro mediatore commerciale.
La teoria della schiavitù è però la più plausibile, considerando che, in un paese come il Portogallo, all’epoca sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, che un africano potesse ricevere un’istruzione presso le istituzioni.
A Lisbona lavorò per una buona famiglia della città, sennonché i suoi proprietari morirono senza lasciare eredi, ragion per cui cessò di essere considerato uno schiavo e divenne un uomo libero. Continuò a lavorare a Lisbona per altri datori di lavoro e si convertì al Cattolicesimo, finché nel 1503 si unì a una spedizione partita da Siviglia verso La Española, nei Caraibi, ove trascorse sei anni, diventando il primo africano libero di cui abbiamo notizia a mettere piede nelle Americhe.
Al suo arrivo iniziò a servire la Corona di Castiglia, partecipando a momenti decisivi delle prime fasi della conquista, con viaggi a Cuba, a Porto Rico e in Florida. Si ritiene che fosse agli ordini di Juan Ponce de León, l’esploratore che per primo governò l’isola di Porto Rico e scoprì la Florida, dove divenne famoso per la sua presunta ricerca della fonte dell’eterna giovinezza e dove morì dopo essere stato colpito da una freccia avvelenata durante il suo secondo viaggio in quella regione.
A partire dal 1517, Diego Velázquez de Cuéllar, come governatore di Cuba, aveva inviato varie spedizioni per esplorare la costa continentale dell’America, riportando notizie di strani monumenti antichi in pietra e di nativi vestiti in modo appariscente con fibre d’oro. Il governatore organizzò un’altra spedizione, scegliendo come comandante di 11 navi e 500 soldati Hernán Cortés.

Un dio azteco

I soldati sbarcarono sulla costa di Tabasco, a Potonchán, nel continente americano, nel marzo del 1519 e, per assicurarsi che nessuno pensasse di tornare indietro, Cortés ordinò di incagliare e affondare le navi. Tra i suoi uomini c’era anche il nostro eroe, Juan Garrido, che, essendo venuto a conoscenza dei preparativi per la spedizione, aveva chiesto di farne parte. Tenendo in considerazione la sua precedente esperienza con Ponce de León, la sua richiesta fu accettata.
L’8 novembre 1519, gli spagnoli entrarono nella capitale dell’impero mexica. Gli aztechi credevano che fossero inviati di Quetzalcóatl, una delle loro divinità, e che il braccio destro di Cortés — un uomo alto, muscoloso, dalla pelle scura e circondato da uomini bianchi — fosse il dio oscuro delle battaglie e della distruzione: Tezcatlipoca.
L’inganno durò poco per gli spagnoli, che furono vittime di una terribile strage nella notte tra il 30 giugno e il 1º luglio 1520, conosciuta come la Noche Triste.
Cortés e i suoi uomini avevano trascorso mesi cercando di instaurare una relazione amichevole con l’imperatore azteco, Montezuma II, ma quest’ultimo fu ucciso a sassate dai suoi stessi sudditi, che lo ritenevano un traditore. A seguito di ciò, centinaia di migliaia di nativi accerchiarono i 1.300 spagnoli presenti nella capitale azteca Tenochtitlán. Gli spagnoli cercarono di abbandonare la città di notte, ma furono scoperti, e circa 600 di essi persero la vita.
Dopo il contrattacco e la caduta definitiva della capitale azteca, Juan Garrido, profondamente scosso da quanto accaduto quella notte, decise di costruire una piccola cappella in cotto, dove seppellì alcuni degli spagnoli caduti, con l’intento di onorarne la memoria. In seguito fu costruito un piccolo “eremo”, conosciuto come l’eremo dei martiri, dove oggi si trova il tempio di San Hipólito e Casiano, nell’attuale Città del Messico.

Tre chicchi di grano

Come ricompensa per i servizi resi durante le campagne di Cortés, Juan ricevette un pezzo di terra a Coyoacán, dove coltivò per la prima volta il grano nel Nuovo Mondo. La leggenda narra che, in uno dei sacchi di riso che aveva raccolto nei suoi terreni, trovò per caso tre chicchi di grano e decise di piantarli. Di quei tre chicchi, solo uno germogliò e da esso ottenne nuovi semi fino a realizzare la prima coltivazione di grano di tutta l’America, un alimento fondamentale.

Nel 1525 gli fu concessa una residenza nella nuova urbe di Città del Messico, ma nel 1528, a causa di problemi politici sorti nel Reame della Nuova Spagna, Juan venne allontanato per la sua lealtà a Hernán Cortés. Tuttavia, il suo spirito avventuroso lo spinse nuovamente a esplorare terre lontane, partecipando a una spedizione a Zacatula alla ricerca dell’oro, conclusasi però senza molto successo.
Nel 1530 accettò di unirsi di nuovo all’amico Hernán Cortés per esplorare la Bassa California, un luogo ritenuto ricco di oro e risorse. Dovette chiedere un prestito per finanziare la propria partecipazione, ma il viaggio si rivelò un fallimento e Juan tornò a Città del Messico senza aver guadagnato nulla e pieno di debiti.

Trent’anni al servizio della Corona

Nel 1538, sposato e con tre figli da mantenere, Juan inviò una lettera all’imperatore Carlo I chiedendo di essere ricompensato per i suoi anni di servizio alla Corona e ricordando di essere stato colui che aveva introdotto la coltivazione del grano nel continente. La Spagna gli riconobbe i suoi meriti e gli assegnò una pensione, che egli percepì fino alla sua morte, sopraggiunta intorno al 1550, tre anni dopo quella del suo caro amico Hernán Cortés.
Juan Garrido è uno dei grandi dimenticati della storia spagnola, forse perché la sua biografia non appariva abbastanza affascinante rispetto a quella di altre “leggende”, come la vita del suo amico Cortés. Altrimenti, non si spiegherebbe come un uomo che ha messo piede su tre continenti, un ex schiavo scambiato per un dio che introdusse il grano in America e che fu parte di uno dei grandi capitoli della storia delle Spagne, sia stato ignorato. Perché un uomo di questo stampo non dovrebbe mai essere dimenticato.

Iván Fernández Amil

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