giovedì 19 dicembre 2024

Curiosità ispano-veneziane III

 Il carteggio D’Annunzio-Fortuny

In un precedente articolo abbiamo ipotizzato che nel carteggio tra D’Annunzio e un scenografo spagnolo residente a Venezia, Mariano Fortuny, fosse possibile ricercare qualche notizia od opinione sulla politica iberica e il Carlismo. I documenti in questione sono conservati nel capoluogo veneto, presso il Fondo Mariutti Fortuny della Biblioteca Marciana, donato dalla studiosa Angela Mariutti de Sánchez Rivero (1901-1983) nel 1971.

Oltre che fondatrice dell’Associazione per le Relazioni Culturali con la Spagna, Portogallo e America Latina (A.R.C.S.A.L.), Angela Mariutti era un’amica della stilista Henriette Negrin (1877-1965), moglie di Fortuny, che le aveva donato questa porzione del suo archivio familiare. Dall’analisi del fondo in questione è nato il libro D’Annunzio e Fortuny. Lettere veneziane (1901-1930), pubblicato dall’italianista Maria Rosa Giacon per la casa editrice Rocco Carabba nel 2017, che ad oggi è la riflessione più profonda sulle missive tra i due artisti.

martedì 3 dicembre 2024

Curiosità ispano-veneziane II

 La collaborazione tra D’Annunzio e Fortuny

Lo studioso Giovanni Isgrò ha definito la mancata collaborazione artistica tra Gabriele D’Annunzio e Mariano Fortuny (1871-1949) come un fatto negativo che «costituisce un grande vuoto nel panorama europeo» dell’evoluzione drammaturgica tra Ottocento e Novecento (1).
Il rapporto tra il Vate e il noto scenografo spagnolo trapiantato a Venezia, residente in Palazzo Pesaro degli Orfei, è stato ricostruito come scostante, probabilmente segnato da sottili gelosie e volontà di protagonismo, che hanno condotto – in pratica – al fallimento di un’alleanza che avrebbe potuto fare la storia del teatro.
L’incontro tra i due avvenne a Venezia alla fine dell’Ottocento, precisamente verso il 1894 (2), prima che, nel 1901, Fortuny si trasferisse a Parigi. Alfredo Sgroi osserva che, a quell’epoca, i due erano «Entrambi discepoli più o meno fedeli di Wagner, desiderosi di superare i confini di un teatro realistico nei toni e nei modi, inchiodato ai limiti di una scenotecnica che non ha ancora pienamente sfruttato tutte le potenzialità delle nuove scoperte scientifiche (la luce elettrica in primis), i due si incontrano con regolarità nella casa del pittore, frequentata anche da [Alfredo] Conti [1860-1930] e da Eleonora Duse» (3).