ovvero
Il progressismo ha perso la guerra e prova a rifarsi col cinema
Il componimento che pubblichiamo oggi è invece tratto dalla sua raccolta Poesie (pp. 54-56), edita dalla tipografia Merlo di Venezia nel 1870, e affronta un tema ancora oggi dolente: quello della corruzione dei sacerdoti.
Sapere che nell’Ottocento – in mezzo alle turbe risorgimentali – la situazione dei cattivi pastori non era diversa rispetto a oggi non ci è di consolazione, ma deve farci riflettere.
Nella Prima lettera ai Corinzi (16, 11) si legge: “Nessuno dunque gli manchi di rispetto; al contrario, congedatelo in pace perché ritorni presso di me: io lo aspetto con i fratelli.”; De Besi ebbe sempre rispetto per i sacerdoti e per gli uomini e pregò affinché si convertissero, così dobbiamo fare anche noi – compiendo testardamente il nostro dovere – nella speranza che la realtà cambi.
Riccardo Pasqualin
«Per dimostrare ai miei compatrioti la compatibilità del progetto tradizionalista ispanico non solo per la Spagna, bensì – con i dovuti adattamenti alle singole tradizioni locali – per l’intero orbe e, a maggior ragione, per un territorio come quello napolitano che tanto a lungo ha condiviso le sorti dei Re Cattolici, avendoli come propri Monarchi».
Così risponde l’autore a chi gli chiede il motivo di un simile titolo. Del resto, se Miguel Ayuso ha scritto un pregevole Carlismo per Ispanoamericani, dimostrando i legami esistenti tra il tradizionalismo ispanico e le terre americane, perché non investigare gli stretti rapporti che, dall’epoca aragonese fino ai nostri giorni, hanno legato il pensiero tradizionale (e poi tradizionalista) del Regno di Napoli a quello di matrice ispanica?
È noto come il Carlismo, nome con cui viene indicato il Tradizionalismo ispanico, si distingue dalle altre concezioni tradizionaliste (in realtà conservatrici) per il rifiuto totale di qualsiasi compromesso o alleanza con il liberalismo; per la presenza concreta di un Re legittimo; e per la concezione della legittimità di esercizio (che comporta la subordinazione del Re al diritto naturale) a fianco di quella di origine.
Il termine italiano “Natale” deriva dal latino diem natalem Christi; la sua prima traccia risale al Commentario su Daniele di Sant’Ippolito di Roma, datato agli anni 203 – 204. Mentre per la data del 25 dicembre quale menzione certa per la Natività di Cristo, la prima traccia risale all’anno 336; la si riscontra nel Chronographus redatto intorno alla metà del IV secolo dal letterato romano Furio Dionisio Filocalo e fu fissata per ricordare la nascita di Gesù Bambino in una stalla di Betlemme, in Palestina.