Parleremo stasera della “festa nazionale”, dell’arte del toreare, mentre i suoi nemici, con la scusa dell’animalismo, con cui mascherano il proprio odio antispagnolo, celebrano la sua proibizione in Catalogna. La storia delle belle arti potrebbe sintetizzarsi come la storia di una addomesticazione: ci fu un tempo in cui, all’alba ancestrale della sua pura umanità, la gente era spinta a cantare e ballare al calore del vino e a dipingere le pareti di una caverna o recitare in versi le imprese di un eroe o modellare una statuetta di fango e cuocerla con il fuoco per celebrare la fecondità del raccolto; e quest’arte gioiosa, puramente spontanea, sbocciava dal genio popolare con la stessa naturalezza con cui le parole sbocciano dalle labbra di un bambino, quantunque non ne conosca le regole fonetiche, sintattiche, prosodiche o grammaticali.
Arte spontanea, che
scaturiva dal genio popolare, era ad esempio quella dei giullari che giravano
di paese in paese recitando cantari e canzoni che in seguito venivano imparati
a memoria da coloro che li ascoltavano, perché tali cantari e canzoni erano già
ibernate nel loro subcosciente, in attesa di una voce miracolosa che dicesse
loro: «Alzati e cammina».