venerdì 4 ottobre 2024

Il Portastendardo di Civitella n. 40 (ottobre 2024)

Le famiglie politiche: il socialismo 


Il socialismo, come movimento teoricamente definito e organizzato nella prassi ai fini di un rinnovamento delle strutture economico-sociali, appartiene all’età moderna. Ma le sue radici affondano nell’antichità classica. Successivamente, esso si manifestò attraverso i movimenti ereticali del medioevo e della “Riforma”, i programmi utopistici del Rinascimento, fino ai tentativi attuati durante la Rivoluzione Francese. 
L’economia del presente studio non ci permette di approfondire tali aspetti. 
Ci limitiamo a sostenere che, per comprendere l’essenza del Socialismo, occorre partire dall’idea di Assolutismo. 
L’opera di Jean Bodin supponeva una completa sostituzione dell’idea di potere ereditato dal medioevo. Ora il potere va a costruire la forma sostanziale della comunità, poiché senza di esso questa è ridotta ad una massa amorfa a cui soltanto il potere può dare forza. Ecco dunque, attraverso il suo assorbire tutta l’autorità e tutte le autorità, e la sua proclamazione come sovrano, l’origine dell’assolutismo. Con esso, l’illimitatezza del potere sovrano, essenzialmente anticristiana perché, fra l’altro, trasferisce all’incarnazione della comunità politica l’esclusività del potere divino, diventa l’asse portante della teoria dello Stato. Successivamente, attraverso la complessa dialettica della modernità, verranno il passaggio dall’assolutismo al liberalismo, alla democrazia, al socialismo; e comparirà il totalitarismo, apparentemente contrapposto alle altre forme ma realmente coincidente nella sostanza. 
Il socialismo è, perciò, espressione piena della modernità e si manifesta principalmente per il suo obiettivo economico, il collettivismo, che continua a propugnare, nonostante i ripetuti fallimenti che la storia ha registrato. Il socialismo sostiene che la proprietà dei beni appartiene alla collettività e viene amministrata dallo Stato o da altre espressioni del potere centrale in vista di un futuro interesse comune, sempre in nome dell’uguaglianza sociale. La quale comporta tutte quelle restrizioni alla libertà in nome di una superiore libertà che è astratta, e combatte sostanzialmente le libertà concrete dell’uomo reale ereditate dalla tradizione plurisecolare.
Oggi i socialisti, al governo dell’Unione Europea, anche se minoritari, hanno introdotto un processo che appare inarrestabile e dai risultati estremamente preoccupanti. In questo contesto: essi sono infatti alla testa di una rivoluzione industriale che ci sta portando a trasformazioni economiche e sociali in nome di un mercato unico che abbatterà tutte le differenze ereditate dalla tradizione e sopravvissute alla rivoluzione. E non è tutto perché le parole d’ordine che continuiamo a sentire sono: obiettivo green e misure nuove per combattere il cambiamento climatico che, a nostro avviso, è preteso e non reale. Tutto ciò per imporre una mentalità nata con l’illuminismo e diffusasi in Europa con la rivoluzione francese. Ci ritornano in mente le profetiche parole del grande Francisco Elias de Tejada: «l’uguaglianza ha il primato sulla libertà ed una volontà collettivistica abbatte le fragili barriere dei diritti individuali così pomposamente proclamati nel 1789» (La monarchia tradizionale, Controcorrente, Napoli, 2001, p. 121-122). 
Già alla metà dell’Ottocento, il conte Emiliano Avogadro della Motta pubblicò la prima edizione, anonima, del Saggio intorno al Socialismo e alle dottrine e alle tendenze socialistiche, quando, per primo, si accorse di «quanto profonde fossero le radici, antica l’origine, reo il carattere e le tendenze di quella nuova foggia d’eterodossia» (Premessa, pag. 7). Il conte piemontese intuì la forza seduttrice del socialismo, il quale ingannò molti uomini che ignorarono le conseguenze di questa ideologia. Così egli rese scientifica la propria opera approfondendo il pensiero filosofico che era a monte del socialismo: dal protestantesimo fino ai suoi giorni, un lungo tempo che aveva contribuito a trascinare le menti verso quell’anarchia intellettuale che sfociò nello scetticismo. Di qui si giunse al filosofismo illuministico francese e all’idealismo tedesco. Avogadro, nella prima parte dell’opera dimostra che il Socialismo non è una nuova forma di razionalismo, ma è la conseguenza e la sintesi degli errori precedenti. Esso porta alla negazione di ogni autorità e alla conseguente teorizzazione di vari sistemi, nel tentativo di porre un freno ai danni enormi che vengono provocati in ogni settore dall’errata premessa di una ragione tanto emancipata da ritenersi onnipotente. Una volta spiegata la genesi degli errori, l’Avogadro passa alla seconda parte descrivendo separatamente le principali classificazioni del socialismo: l’hegelianesimo, il socialismo mistico e sensuale di Saint-Simon, l’azione del socialismo operativo e militante di Mazzini e delle sette demagogiche. Per Avogadro, le idee socialiste sono destinate a sfociare nell’anarchia universale che porterà alla demonolatria. La quale succederà al culto del vero Dio e porterà con sé disordine e tirannia, che si altereranno sulle rovine di una società andata in frantumi, avendo intaccato la sua matrice: la famiglia, istituzione divina, fondamento e garanzia di qualunque unione (non è casuale ricordare che negli ultimi decenni del secolo terminato, i socialisti italiani furono i fautori dello sdoganamento della pornografia). La terza parte indica i rimedi necessari per arginare i mali che si preparano all’Europa ed all’Italia, in particolare. Per Avogadro, l’arma da usare contro il Socialismo, per utilizzare le parole della biografa di Avogadro, Vittoria Valentini, consiste nel vaglio delle idee, ristabilendo la verità anche nel linguaggio, in quanto di coloro che pronunciano le stesse parole di religione, società, civiltà. Libertà, diritto e simili pochi ormai conservano il concetto corrispondente al vocabolo. Per l’Avogadro, l’eresia del socialismo si sviluppava in tre scuole fondamentali: il trascendentalismo, l’eclettismo e il filosofismo pseudo-cattolico. Mentre le prime due scuole erano facilmente riconoscibili perché radicalmente contrarie ad una società cristiana, per confutare la terza scuola occorrevano precisi argomenti attinti dalla fede e dalla filosofia cristiana. Per Avogadro, infine, al Socialismo riconduceva il tentativo di introdurre il peggiore aspetto dei principii liberali nella società per distruggerla, puntualizzando come ciascuna delle scuole socialiste avesse la sua particolare speranza d’una nuova era e l’idea di trasformare la società in modo rispondente a una propria teoria.  
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Il capitalismo, osserva Marcel De Corte, ha introdotto nell’uomo una febbre che non è affatto prossima a spegnersi. Analogamente, il suo apparente antagonista, il socialismo, si accorda con lui nell’aspirazione a fondare un ordine nuovo e nell’esaltazione del lavoro reso funzionale che proietta l’uomo verso attività sempre rinascenti. I due sistemi scivolano sulla stessa china e giungono allo stesso risultato: l’esaltazione dell’aspetto quantitativo delle attività umane, politiche, sociali, economiche, a danno del loro aspetto qualitativo. Ora, nulla è più impersonale del numero, nulla è più arbitrario, nulla è più sprovvisto di finalità obiettiva: è nota a questo proposito la celebre riflessione di Aristotele sulla reciproca impenetrabilità di numero e di bene. Per questo le due dottrine sono in pratica del tutto indifferenti alla morale ed ai costumi. I politicanti del capitalismo e del socialismo possono senz’altro far entrare la morale nelle loro opere, ma per fini prettamente utilitari e sempre subordinati ad uno scopo specifico. L’opera svolta dal socialismo è analoga a quella del capitalismo; come il capitalismo tende a rendere impersonali l’uomo e le sue azioni, spersonalizzando lo stile di vita con la produzione in serie, il rapporto tra uomo e merce col rendere uniforme il mercato, il rapporto tra uomo e uomo con la anonimità diffusa nella massa operaia, e con la riduzione di tutti i valori umani a cifre, così il socialismo giunge ad una identica spersonalizzazione, facendo convergere tutte le svariate ricchezze dell’uomo nello schema unico dell’homo oeconomicus, debitamente statalizzato. La dialettica materialista, che, secondo Engels è un «movimento di pensiero che non si collega a nessun risultato fisso» e che rispecchia la trasformazione incessante ed il fluire eracliteo del mondo, si accompagna, qui come in ogni fenomeno di spersonalizzazione, al suo contrario, poiché la natura e l’uomo che ne fa parte sono sottoposti ad un’ineluttabile necessità. Ora, che cos’è il progresso strettamente determinato se non un invito alla pigrizia e all’immobilità? Così vediamo il socialismo conciliare così bene l’esaltazione e l’inerzia delle masse che riesce in pratica, pur eccitando le passioni della folla, a dominarla completamente e a non permetterle nessun tipo di personalità. Come aveva detto Rousseau il socialismo che sia coerente a se stesso non è altro che un livellamento assoluto.
Ora assistiamo al tentativo socialista di dare l’ultimo assalto alla Chiesa per distruggerla. La Chiesa, società a base sovrannaturale, ha bisogno di una società naturale che le sia complementare. Ed essa non ne ha più alcuna davanti a sé. Collaborare con essa nella distruzione di ciò che resta in lei di vitale e partecipare a ogni forma di democratizzazione portata sino al limite di un “socialismo cosmico” al fine di salvare se stessi, è la peggiore delle illusioni. Non significa altro che seminare sulla pietra nella speranza illusoria e insensata di un prossimo raccolto. Si è ben in diritto di chiedersi a questo punto, riprendendo una formulazione di Pascal, se una tale cecità non sia in fondo un fatto soprannaturale. 
Giunti al termine di questo veloce vagabondaggio intellettuale attraverso la famiglia dei socialisti, possiamo concludere il nostro discorso ricorrendo al pensiero di Juan Donoso Cortes che così li definì: «sotto il punto di vista filosofico, le scuole socialiste sono razionaliste; sotto il punto di vista politico, sono repubblicane; finalmente, sotto il punto di vista religioso, sono atee».
Pensiamo che questo biglietto da visita sia ancora valido. 

Il Presidente degli Incontri Tradizionalisti di Civitella del Tronto
Dott. Francesco Maurizio Di Giovine
Commendatore dell’Ordine della Legittimità Proscritta




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