lunedì 2 settembre 2024

Il Portastendardo di Civitella n. 39 (settembre 2024)



Le famiglie politiche: i Liberali

Cliccare qui per scaricare il numero completo


Cosa è il liberalismo? È uno dei veicoli utilizzati dalla Rivoluzione per raggiungere i suoi scopi. Per il liberalismo, il ruolo dell’individuo è prioritario rispetto al ruolo della Società. L’uomo, per il liberalismo, è il solo giudice, l’unico capace di valutare l’esercizio della propria libertà ed ha una restrizione: la sua libertà non deve fare violenza alla libertà altrui. Ed ancora: esso non può essere ridotto a un semplice regime economico ma costituisce, al contrario, qualcosa di più complesso. È una filosofia politica che ha conosciuto il suo trionfo con i pensatori dell’Illuminismo nel XVIII secolo e conta fra i suoi massimi autori Montesquieu, Voltaire e Diderot, in Francia, Locke, Hume ed Adam Smith in Inghilterra. 

Tutto ciò è in stridente contraddizione con la visione che il tradizionalismo ha del liberalismo. 

Molto opportunamente Juan Vázquez de Mella rivolgendosi ai liberali scrisse: «L’individuo! L’individuo è stato al centro di un intero sistema; e anche se vi sembrerà un paradosso, anche se vi sembrerà un sofisma, vi dirò che l’individuo, così come lo intendete, è una creazione artificiale; l’individuo che serve come centro del vostro intero sistema è un fantasma che è rifiutato sia dalla natura umana che dalla storia» (Juan Vázquez de Mella, Testi di dottrina politica, a cura di Rafael Gambra, prefazione di Miguel Ayuso, Collana di Studi Carlisti, Solfanelli, Chieti 2024, pag. 147). 

Ed ancora, Mons. Felice Sardà y Salvany, un decennio prima che terminasse il XIX secolo, nella celebre opera Il liberalismo è peccato, così definiva ciò che esso propugnava: «sovranità della società, con indipendenza assoluta da tutto ciò che da essa non origini; sovranità nazionale, cioè, il diritto del popolo di far leggi e governarsi con assoluta indipendenza da qualunque criterio che non sia quello di proprio talento, manifestato per suffragio universale pria, e la maggioranza parlamentare poi; libertà di pensiero senza libertà di sorta alcuna in politica, in morale, in Religione, libertà di stampa assoluta, o non limitata abbastanza; libertà di associazione con altrettanta ampiezza» (F. Sardà y Salvany, Il liberalismo è peccato, Tipografia Giachetti, Figlio e C., Prato 1888, pag. 9 ). 

Già i primi liberali orientarono la lotta filosofica nella più generale prospettiva di un trionfo delle forze della “Ragione” e del “Progresso” sulle figure del “Sacro” e della “Tradizione”. E la “dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 consacrò il trionfo del pensiero liberale in Francia, come una precedente “solenne dichiarazione” aveva proclamato gli stessi principii nell’America settentrionale. 

Il principio, secondo il quale la libertà va annoverata tra i “diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo”, coincide esattamente con la definizione kantiana della libertà come “quell’unico diritto originario spettante all’uomo per la sua umanità”. In tal modo, il “formalismo” del diritto naturale kantiano, che organizza filosoficamente la dottrina del liberalismo politico, diviene la struttura architettonica a partire dalla quale la dottrina economica del libero scambio trova la sua giustificazione più coerente e compiuta. 

Il genio barocco ispanico contemporaneo di Juan Manuel de Prada in vari articoli ha denunciato questa deriva, trattandosi di una tesi gnostica di natura protestante che intende la libertà in senso negativo, senza altra regola che se stessa, essendo la cosiddetta libertà economica un aspetto della libertà liberale. 

Il liberalismo fonda le radici in una sorta di mitologia. Non a caso si parla del mito del liberalismo come superamento delle guerre di religione, come crogiolo dei lumi e come costruttore dei diritti dell’uomo. Si parla del mito del liberalismo a proposito della globalizzazione quale strumento necessario per uniformare l’umanità e distruggere tutti i particolarismi ereditati dalla Tradizione. Si parla di mito del liberalismo per edificare la democrazia, la laicità dello Stato, l’introduzione delle moderne libertà civili. Mito del liberalismo per edificare la società fondata sulla neutralità dei valori come garanzia di tolleranza e uguaglianza. Mito del liberalismo per la costruzione del relativismo come baluardo da tutti i fanatismi. Mito del liberalismo per rompere definitivamente con i legami tradizionali. Mito del liberalismo alla base della felicità consumistica che si realizza attraverso l’accumulazione dei beni materiali tramite la pubblicità e la promozione del credito. Siamo, insomma, in presenza di una mitologia dilagante ed inesauribile. 

Sulla “mitologia” il liberalismo costruisce una serie di “finzioni” che condizionano lo sviluppo della società contemporanea. La finzione centrale del liberalismo è l’idea che esso rinvierebbe a una semplice dottrina economica i cui principali adepti si collocherebbero alla destra dello scacchiere politico. Secondo questo ragionamento si dovrebbe vedere nella “destra” contemporanea la rappresentazione principale – se non esclusiva – del pensiero liberale, mentre la “sinistra” si presenterebbe come la sua avversaria ideologica naturale e più efficace. Uno studio più approfondito della corrente filosofica liberale (dalla sua formalizzazione teorica ad opera dei pensatori illuministi fino al suo regno contemporaneo sotto forma di “globalizzazione”) dimostra che il liberalismo affonda le sue radici intellettuali più autentiche in quella che, al momento presente, è necessario chiamare “sinistra”, ossia quell’insieme di pensieri tenuti insieme dall’idea che la lotta per le “libertà individuali” e il riconoscimento delle “minoranze”, fondamento metafisico dell’attuale “diritto alla differenza”, dovrebbe apparire come l’unico elemento concepibile di ogni progetto di civiltà “moderno” e “progressista”. 

Il liberalismo in quanto progetto filosofico generato dall’illuminismo si realizza, in tutte le società che lo hanno sperimentato, sotto le bandiere alleate della destra e della sinistra. Il che equivale a dire, che l’attuazione delle politiche liberali a favore di una deregolamentazione del Mercato e di una messa in concorrenza generalizzata delle forze lavoro planetarie trova la maggior parte delle sue condizioni di possibilità nel corpus ideologico della stessa sinistra. In altre parole, nell’ottica liberale, un comportamento dettato dall’onore, dal sacrificio, dalla generosità o dalla virtù, appare, nella migliore delle ipotesi, eccentrico, e, nella peggiore delle ipotesi, come contrario alle leggi umane. Perciò irrazionale, deviante e indesiderabile. 

L’ambizione centrale del progetto liberale si può così sintetizzare: l’istituzione di un ordine sociale ed economico “assiologicamente neutro”, cioè indifferente da un punto di vista dei valori che soddisfi l’aspirazione fondamentale dell’essere umano alla libertà, garante della pace e della prosperità delle nazioni sotto l’egida congiunta del diritto e del Mercato. 

Ma di quale diritto parliamo? I liberali si rifanno ad un preteso diritto naturale che non ha nulla in comune con il diritto naturale classico, cattolico e ispanico. Quello a cui si ispirano i liberali è il diritto naturale moderno, protestante ed europeo. 

Chi sono allora i nemici dei liberali? Tutti coloro che sostengono l’attaccamento comunitario o l’appartenenza identitaria. I liberali si oppongono a questa visione perché vi vedono una manifesta ostruzione e un ostacolo inaccettabile all’edificazione di una società planetaria e ad un mercato mondiale unificato, “senza frontiere”, costituito esclusivamente da emigranti, nomadi, e cittadini del mondo. 

Abbiamo fatto riferimento ai nomadi perché esiste una stretta relazione tra nomadismo e liberalismo. Il nomadismo ha potuto prosperare solo sulla edificazione di un principio consensuale, quello della libertà di circolazione degli individui, convalidata dal Trattato di Roma e dalla Costituzione europea, la quale autorizza la riconciliazione intorno a un principio comune dei liberali economici e dei militanti anticapitalisti. I primi si felicitano dell’apporto di questa misura al funzionamento del mercato mondiale, mentre gli altri si rallegrano del suo contributo al progresso dei “diritti dell’uomo” in tutti i luoghi del pianeta. 

Vi è poi l’idea di “domino” tanto cara ai liberali. Con il liberalismo, assistiamo ad una ridefinizione integrale del concetto di “dominio”. Oggi esso non si esercita più attraverso la repressone ma secondo le modalità della disinibizione e dell’incitamento generalizzati. Il che ha permesso al filosofo Michel Clouscard di parlare, di “società permissiva” per definire la società capitalistica compiuta – laddove “permissivo” deve essere inteso non soltanto come ciò che permette agli individui la soddisfazione libera e istantanea dei propri desideri, ma altresì come ciò che incita e incoraggia questi ultimi a sfidare la pressione, che si presume onnipresente, dei costumi tramandati, per accedere alla libertà, vista come trasgressione sistematica di tutte le norme e di tutti i valori morali concepibili. 

Il “liberalismo politico” fornisce il quadro formale all’interno del quale vengono esercitati i diritti individuali e il liberalismo economico è una di queste applicazioni possibili. Al “liberalismo economico” si contrappone, apparentemente, un “liberalismo culturale”. Il primo esige l’abolizione da parte dello Stato di tutti i limiti all’espansione “naturale” del mercato e della concorrenza; il secondo esige l’abolizione da parte dello Stato di tutti i limiti allo sviluppo “naturale” dell’individuo e delle “minoranze”. Il liberalismo economico ed il liberalismo culturale rappresentano sotto una apparente opposizione, solo i due profili complementari di un unico e medesimo movimento storico. Poi vi è il “liberalismo libertario” che nega alla famiglia tradizionale la vocazione naturale per la quale è stata istituita e si è perpetuata nei secoli. Ad essa si contrappone il lavoro sette giorni su sette in nome del mercato, per una scelta produttivista. Il liberalismo libertario è l’ultima espressione del XX secolo. “Libertario” non è un elemento estraneo ma è costitutivo al mondo “liberale”. Il liberalismo libertario è una espressione della modernità filoamericana che rompe i rapporti con il radicalismo della sinistra ed il conservatorismo della destra. 

Tuttavia bisogna aggiungere che non vi è mai nulla di nuovo nella storia. François-Marie Arouet, affarista di successo e ricco proprietario, in pieno XVIII secolo, proponeva ai Francesi di sopprimere i giorni festivi in polemica con la Chiesa cattolica. Per costui, i monaci e gli altri rappresentanti del clero dovevano uscire dagli eremi per lavorare e guadagnarsi il pane. Costui faceva del “liberalismo libertario” ante litteram ed è passato alla storia con lo pseudonimo di Voltaire. 

Avviandoci alla conclusione di questo breve viaggio attraverso la famiglia politica dei liberali, non possiamo dimenticare il suo rapporto con il sacro. Escludiamo dalla nostra analisi coloro che si definiscono cattolici liberali per osservare il comportamento dei liberali storici. È stato scritto che “la religione è l’oppio dei popoli” ed anche “né Dio, né padroni”. Tutto ciò è stato elaborato dal mondo marxista e fatto proprio dal liberalismo. Per entrambi i due mondi politici, dal momento in cui l’uomo non deve più rendere conto ad alcuna istanza trascendente, dal momento in cui l’uomo è solo, tutto è permesso. Così la desacralizzazione precede la permissività e la società permissiva: che è liberale e libertaria. Ne consegue un nuovo ruolo del Mercato, nella sua espressione più pratica, quella dei grandi luoghi di consumo, che pretende di sostituire la Chiesa nel legame sociale: ci si va durante i giorni di riposo, come un tempo si andava a Messa la domenica. La chiesa e il tempio si sono svuotati a vantaggio del centro commerciale, nuovo luogo di culto. Questa credenza nell’onnipotenza del Mercato è alimentata da una serie continuamente rinnovata di storielle edificanti (la pubblicità), quanto stupide. Esse alimentano l’illusione che il Mercato, idealizzando e spettacolarizzando la merce possa, come un Dio onnipresente e onnipotente, rispondere a tutto. 

Il Presidente degli Incontri Tradizionalisti di Civitella del Tronto
Dott. Francesco Maurizio Di Giovine
Commendatore dell’Ordine della Legittimità Proscritta

PS: i numeri precedenti del "Portastendardo dio Civitella" sono disponibili sul canale Telegram "Carlismo - Regno di Napoli": https://t.me/Carlismo_Napoli




Nessun commento:

Posta un commento