lunedì 26 agosto 2024

Vincenzo Mortillaro e il Carlismo


La storiografia risorgimentale ha spesso esaltato gli atteggiamenti di rifiuto da parte dei siciliani nei confronti della monarchia borbonica, ma le vite e le opere dei legittimisti siculi raccontano anche altri punti di vista contrapposti.
Lo scrittore borbonico siciliano più importante (e prolifico) è stato senza dubbio il Marchese Vincenzo Mortillaro (1806-1888), eccezionale erudito e poligrafo che caldeggiò sempre la restaurazione dell’autonomia tradizionale della sua isola, ma rimase tenacemente fedele a Francesco II. Dopo la fine del Regno delle Due Sicilie, pur venendo perseguitato dal nuovo governo, il nobiluomo difese con i suoi scritti posizioni lealiste e cattoliche intransigenti e pare che sia stato proprio lui la mente principale dietro il moto conosciuto come rivolta del sette e mezzo, che vide la città di Palermo protagonista di un’insorgenza contro lo stato unitario. Tra le cause scatenanti del tentativo di ribellione vi fu anche l’incameramento dei bene ecclesiastici e delle corporazioni religiose, che furono destinati a colmare il deficit dello stato sabaudo.
In quella dimostrazione di coraggio, pur appoggiandosi anche a garibaldini delusi e forze rivoluzionarie, l’obiettivo di Mortillaro fu quello di sovvertire l’ordine costituito, e tra le accuse che gli furono rivolte vi fu anche quella di aver ideato uno sbarco borbonico a Messina per proclamare il governo costituzionale di Francesco II e aprire immediatamente delle trattative con gli ambasciatori di Austria, Turchia, Russia e Spagna.
Si deve ricordare che il governo russo aveva stabilito rapporti diplomatici con il Regno d’Italia nel giugno 1862, tuttavia era legato al Meridione da una storica amicizia e, insieme all’Austria, aveva avuto un ruolo importante nel favorire la restaurazione borbonica nel Mezzogiorno al tempo del Congresso di Vienna.
La Spagna, invece, riconobbe il Regno d’Italia tardivamente, solo il 14 luglio 1865, ossia dopo che Mortillaro aveva già pianificato il suo tentativo di insurrezione (il Marchese cominciò infatti a muovere le sue pedine nel maggio del 1865). Vi è da aggiungere che negli anni della guerra del mezzogiorno tra i briganti e il regio esercito le posizioni della monarchia spagnola illegittima e dei carlisti (almeno a tratti) coincisero, tanto che Madrid non si oppose all’ipotesi che gruppi di soldati tradizionalisti potessero sbarcare nel Sud Italia (fatto che poi non si concretizzò). Viene quindi spontaneo chiedersi quale fosse l’opinione del borbonico Mortillaro davanti al Carlismo.
L’opera omnia del Marchese è assai vasta e le notizie più interessanti sul suo pensiero politico possono essere ricavate dai suoi numerosi testi di memorialistica; egli fu un buono scrittore reazionario, ma spesso alcune sue idee e concetti validi si trovano dispersi in tomi non sempre scorrevoli. Il nostro aveva letto le opere di Monaldo Leopardi, ma non aveva colto la potenza della strategia della mitraglia dei piccoli scritti: in buona sostanza l’aristocratico siculo non ebbe il dono della sintesi, o non capì quanto avrebbero potuto giovare maggiormente alla causa legittimista degli opuscoli rapidamente assimilabili. Senza dubbio dei brevi fascicoli avrebbero potuto avere una circolazione più efficace.
Ciò premesso, secondo le ricerche dello scrivente, un primo sbilanciamento di Mortillaro sul Carlismo si trova innanzitutto in una sua pubblicazione del 1870: Memorie, avvedimenti e rimembranze, continuazione dei Miei ultimi ricordi (Pensante, Palermo). Nell’introduzione Ai leggitori, l’autore spiega che vari suoi articoli politici sono stati pubblicati anche in giornali spagnoli e da qui inizia un diluvio di citazioni colte, un aspetto peculiare che caratterizza buona parte della produzione del siciliano. La situazione politica spagnola è affrontata nel secondo capitolo, e arriviamo quindi alle riflessioni che sono più rilevanti per la nostra indagine: «pervenivano le notizie dell’improvvisata rivolta spagnuola contro Isabella II, non appena compiute le splendide feste per lo sponsalizio [celebrato il 13 maggio 1868] della sua figliuola coll’infante don Gaetano Borbone conte di Girgenti. A me ne giungevano inaspettatamente i più minuziosi particolari per uno inatteso sincrono invio di lettere, di giornali, di opere importanti di quella vasta penisola, del cui riputato Ateneo i più conspicui socii mi manifestavano le loro simpatie. Seppi così il distinto ragguaglio di quell’infernale tramazzo scoppiato come un fulmine, in questo secolo sovrabbondante di ambizioni, di sollevazioni, di oppressioni, di reazioni, di guerre e di macelli, che hanno travolto i popoli in un turbine tempestoso, il quale incalza viepeggio, lungi dal dileguarsi, ed incalzando scompiglia e con baldanza minaccia dirupare al pessimo.... Buon Dio!»
In queste parole non pare esservi alcun biasimo verso l’usurpatrice Isabella, e tantomeno ne sono adeguatamente riconosciute le responsabilità riguardo il precipitare degli eventi.
Ecco quindi che Mortillaro si pone con un atteggiamento di attesa e, sostanzialmente, mette sullo stesso piano liberali e carlisti: «Anche una gran maggioranza, diceva [Manuel] Ruiz Zorilla [1833-1895] ministro dei lavori pubblici, pretende la ristaurazione del legittimismo, intendendo chiamare don Carlos di Borbone e d’Este ch’è il presunto Carlo VII. — Fatto sta che la Spagna s’avrà quel re che Iddio sarà per consentirle; dappoiché com’è Dio che fa nascere gli uomini, è ancor esso, scriveva S. Ireneo, che costituisce i re».
E dopo aver riassunto brevemente la storia della Spagna dall’apice della sua grandezza al suo declino, Mortillaro prosegue: «Sono note a tutti coloro che della moderna storia trovansi al corrente le successive, lunghe, rovinose guerre civili della Spagna, dilaniata da partiti che ora per un membro or per un altro della famiglia battagliando elevarono infine sul trono Isabella II... Ed ora? - Ora in fatto sono gli Spagnuoli in fondo all’anarchia, nelle mani di tre omiciattoli [Juan] Prim [1814-1870], [Juan Bautista] Topete [1821-1885], [Francisco] Serrano [1810-1885], i quali stimandosi uomini serii non hanno fatto che ridicole pazzie al pari e peggio che i mestatori italiani, perché al peggio non evvi mai fine». Apparentemente, il siciliano non aveva quindi colto il valore controrivoluzionario delle guerre carliste, e a suo tempo le ridusse a episodi di disordine: ciò che per lui contava era che infine la Spagna avesse genericamente un Re “cattolico”, e ignorò lo scontro tra due visioni del mondo radicalmente opposte e inconciliabili. Da ciò, pare inoltre di capire che nel caso in cui la Trinacria si fosse liberata dal dominio italiano, Mortillaro, come rappresentante di Francesco II, avrebbe trattato senza remore col governo spagnolo illegittimo. Tra le pagine, del resto, il Marchese critica anche l’opera storica di un altro legittimista che, a differenza sua, fu coerentemente carlista: Giacinto De Sivo (1814-1867), che il siciliano definisce un estremista del borbonismo in esilio, membro del partito «che diceano delle forche». Tuttavia potrebbe anche trattarsi di una piccola ripicca del Mortillaro, poiché De Sivo, trattando della rivoluzione del 1848 in Sicilia, scrisse erroneamente che il Marchese fu tra coloro che dichiararono decaduta la monarchia dei Borbone sull’isola (Storia delle Due Sicilie, Secondo Volume, Roma 1864), mentre in realtà Mortillaro considerò l’atto di decadenza della dinastia borbonica, votato il 13 aprile 1848 dal parlamento siciliano, un «enorme delitto politico».
La terza guerra carlista modificò forse l’opinione del Marchese, che nel 1875 in Fatti ed accenni, continuazione delle Memorie, avvedimenti e rimembranze (Pensante, Palermo) scrisse: «don Carlos spingeva avanti le sue prodezze in Ispagna, scuotendo le fondamenta della monarchia straniera, che volgeva, appena nata, precipitosamente al suo tramonto. E colla sua caduta dovea travolgere in assoluta confusione la già rovinata e scompigliata Iberia, e perturbare maggiormente l’agitatissima Europa», aggiungendo più avanti che «appena i valorosi di Carlo VII invasero le province del nord, il movimento prese un carattere minacciante, progressivo, di prosperi risultamenti in Catalogna, in Navarra, e nelle province basche. - Generali arditi ed esperti armigeri valorosi mezzi crescenti - consigli avveduti piano di guerra ponderato fiducia nella Provvidenza e nella buona causa, ecco le condizioni di don Carlo a fronte di partiti sfiduciati, battaglianti fra loro finanze nazionali esaurite - e d’una armata disorganizzata, senza disciplina, e quel ch’è più senz’onore, che dovrebbe essere la più potente affezione del guerriero, il quale conosce le obbligazioni che gli sono imposte. Carlo VII dichiarò avere la gloria di comandare l’avanguardia del grand’esercito cattolico, ch’è l’esercito di Dio, del trono, della proprietà e della famiglia. E di non avere di mira accendere una lunga guerra civile, ma volere decisamente salvare la patria, e mostrare la via della salvezza europea. Fu questo il programma segnato dal suo segretario Emilio de Ariona [1839-1901]: - e la bandiera che sventola innanzi alle sue truppe è la bandiera bianca, avente in cima la immagine dell’Immacolata, e nelle sue pieghe il motto Dio, Patria, Re». Sulla piena accettazione del numerale di Carlo VII, lo scrittore permane, però, dubbioso: «Morto in Francia Carlo V [sic!, in realtà morì a Trieste], il pretendente di Spagna, - i carlisti riconobbero Carlo VI suo primogenito. - Morto Carlo VI senza figli, succedeva Giovanni suo fratello, che nel 1868 rinunziò i diritti al trono in favor di suo figlio duca di Madrid, che dicono Carlo VII, e ch'è nato a 30 marzo 1848». Pienamente positive sono invece le valutazioni sul Conte di Chambord.
In questo libro, Mortillaro, seguace di alcune teorie del suo tempo, si dilunga poi sul carattere “africano” della Spagna e degli spagnoli (a suo giudizio uniti al continente europeo solo dalla Religione), tratto che egli riconobbe per altro anche alla sua Sicilia.
Comunque sia, nel volume sono innegabili le speranze riposte nel Carlismo: «Il trionfo di don Carlos gli onesti ardentemente lo desiderano, stanchi oramai del cieco fanatismo della moltitudine, e dell’insolente dominazione, pronti a sacrificare tutto purché ottengano un poco di riposo e aborrenti quel nucleo di consorti alternativamente temerarii e timorosi - ribelli e despoti - liberali e persecutori; e che declamano mai sempre con ippocrisia contro la tirannide e l’insurrezione per arrogarsi il privilegio esclusivo dell’insurrezione e della tirannia; perché il fanatismo annovera anco fra’ suoi doveri e l’odio e la vendetta». E più avanti, verso la conclusione, si legge ancora: «La Spagna, ossia d.Carlo era ed è il nemico formidabile di coloro che han messo ai loro servigi la rivoluzione cosmopolita. Questo eroe dei tempi nostri, quest’intrepido spagnuolo che forte del suo dritto e fidente nel suo coraggio s’è lanciato a tutta corsa in mezzo al suo popolo, assassinato da un’orda di traditori, che l’hanno spogliato e inviluppato nella rete settaria per infeudarselo, ha issato lo stendardo dei suoi padri, che rese classica la monarchia spagnuola, e ha promesso scrollare tutto ciò che l’ingiustizia, la mala fede, l’empietà ha creato, e di rialzare ciò ch’essa ha disperso. - Deriso a prima giunta, quand’entrò in Ispagna con soli trentacinque uomini e senza poter dire, come aveva detto altra volta Cesare entrando in Ispagna, vado a combattere un esercito senza generale per andare poscia a combattere un generale senza esercito, perché ha dovuto affrontare, sprovvisto di tutto, soldati innumerevoli e condottieri risoluti, - perseguitato in seguito combattuto appresso fieramente ora è diventato quel granello di senape descritto dalla Scrittura, che ha sviluppato un albero gigante. Novello Cid che vinse innumerevoli nemici più coll’ardore della fede che colla potenza del suo braccio, le sue imprese sbalordiscono, e ricordano le meraviglie dell’antico Pelagio; i suoi proclami commuovono e destano un palpito in ogni cuore. Egli politico come Filippo II, guerriero come Carlo I, cavaliere come Ferdinando I, mette i brividi nelle ossa colle sue vittorie, foriere della volta faccia universale che produrrà senza dubbio su tutta l’Europa».
Il seguito di questo secondo libro è Frammenti di storia contemporanea (Pensante, Palermo 1876), in cui Mortillaro riporta che nel novembre del 1875 Don Carlos scrisse una lettera all’usurpatore Alfonso proponendogli una tregua per contrastare il possibile appoggio statunitense alle rivolte scoppiate a Cuba. La risposta della controparte fu negativa, e seguita dal rifiuto di ogni forma di dialogo; però il memorialista scrisse che «Questa lettera non ottenne risposta, ma essa rimane come documento d’onore del partito carlista, e verrà ricordata con gratitudine dagli Spagnuoli in tempi più pacati». Tuttavia nel 1876 la terza guerra carlista era ormai persa per i tradizionalisti. E il nuovo capo di stato illegittimo fu accolto a Madrid dai suoi seguaci addirittura col grido: Abbasso i fueros!
Al 1882 risale un altro libro di memorie del nostro: Cronografia contemporanea, seguito delle Spigolature storiche (Pensanti, Palermo), in cui l’unico accenno al Carlismo è legato al fatto che la stampa liberale accusava il pontefice di avere dei colloqui con Don Carlos e il Conte di Chambord, fatto che Mortillaro negò risolutamente.
In effetti, da quando divenne pontefice il 20 febbraio 1878, Leone XIII prese le distanze dal legittimismo e il Marchese (come tanti altri cattolici intransigenti), probabilmente, seguì la stessa linea politica. Un aspetto curioso presente in Cronografia contemporanea è il precoce uso da parte dell’autore del termine «Sinistri» per indicare le forze politiche progressiste.
Una netta sterzata ideologica del Mortillaro si incontra quattro anni più tardi in Avvenimenti sincroni, continuazione delle Notizie dei nostri tempi (Gaudiano, Palermo 1886), in cui l’aristocratico scrive: «Il 17 maggio [1886] la regina di Spagna Maria Cristina dava alla luce un bel maschio che fu gridato re, come di regola, (e di cui accettò il Papa esserne padrino) prendendo nome di Alfonso XIII al battesimo amministrato nella regale cappella sabato 22 maggio. Alla sua madre reggente, tutti i sovrani telegrafarono felicitazioni e mi rallegro. Però la posizione della Spagna non è felice; perché i partiti non lasciano tranquilla la nuova Monarchia. I Carlisti e i repubblicani che erano in aspettativa ora forse si decideranno, quantunque nessuno dei due partiti vuol essere il primo ad attaccare: ciò che forse darà un po’ di tregua.
Quanto alla giovane regina essa ha doti non comuni, cioè alta intelligenza e fermezza di carattere, di che ha dato prova nei momenti difficili anche delle inondazioni, dei tremuoti, del colera, degli assassinii».
Da queste nostre analisi, consegue che Vincenzo Mortillaro non può essere chiamato scrittore o giornalista “filocarlista”, e la sua condotta ci porta ad altre considerazioni. L’argomento dell’atteggiamento dei Borbone Due Sicilie nei confronti del Carlismo merita di essere affrontato in altra sede, ma chiunque voglia compiere delle ricerche, o anche un qualsiasi lettore appassionato di storia, deve sempre tenere in considerazione che nonostante Giacinto De Sivo o la redazione del giornale partenopeo Lo Trovatore siano stati solidali col tradizionalismo ispanico, l’essere borbonici nell’Italia dell’Ottocento non significava automaticamente essere anche carlisti o filocarlisti. Esistono molte sfumature di legittimismo, e non sempre il borbonismo italico è stato perfettamente sovrapponibile al Carlismo.
Come già abbiamo detto in passato, essere “semplicemente” legittimisti non basta.

Riccardo Pasqualin

 

 Bibliografia

 Arcella S., Russia e Due Sicilie: affinità elettive, in «L’Alfiere», giugno 2017, pp. 26-29

Cibario L., Specchio cronologico della storia nazionale, Cellini e c., Firenze 1869

Moncada F.-A. Romano, Storia di Sicilia, Antares, Palermo 2000

Mortillaro V., Memorie, avvedimenti e rimembranze, continuazione dei Miei ultimi ricordi, Pensante, Palermo 1870

Id., Fatti ed accenni, continuazione delle Memorie, avvedimenti e rimembranze, Pensante, Palermo 1875

Id., Frammenti di storia contemporanea, seguito dei Fatti ed accenni, Pensante, Palermo 1876

Id., Cronografia contemporanea, seguito delle Spigolature storiche, Pensante, Palermo 1882

Id., Avvenimenti sincroni, continuazione delle Notizie dei nostri tempi, Gaudiano, Palermo 1886

Oyarzun R., Historia del Carlismo, Alianza, Madrid 1969

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