sabato 23 aprile 2022

Joseph de Maistre e l’Inquisizione di Spagna

Joseph de Maistre e l’Inquisizione di Spagna


di Riccardo Pasqualin

Elogio dell’Inquisizione di Spagna è un opuscolo che raccoglie le lettere che il pensatore tradizionalista Joseph de Maistre dedicò a questa istituzione, non si tratta quindi di una storia del tribunale fondata su documenti inediti, ma di una difesa dettata dal buonsenso dell’aristocratico piemontese.

De Maistre osserva innanzitutto che i metodi dell’Inquisizione furono gli stessi dei tribunali civili, e che anzi essa fu spesso più cauta nei suoi giudizi. Almeno sul primo punto concordano parecchi storici contemporanei. 

Condannando coloro che volevano aggredire l’unità della comunità, l’Inquisizione spagnola risparmiò alle terre ispaniche le guerre di religione che afflissero la Germania e altri abbondanti spargimenti di sangue che divisero il continente europeo. Il Conte sostiene che le accuse di crudeltà e di superstizione rivolte agli spagnoli provengano dai protestanti inglesi, che fomentarono la leggenda nera per colpire non solo i cattolici iberici, ma anche per screditare la vera Religione in tutto il mondo. In Inghilterra vigeva in verità – argomenta De Maistre – un’inquisizione tremenda che colpiva i cattolici: «Non dimenticherò di far notare» scrisse, «che l’Inghilterra è realmente tollerante solo nei riguardi delle sette ma non verso la Chiesa dalla quale si sono distaccate, che le leggi avversano e respingono con un’ostinazione che non è senza pericolo per lo stato. L’Inghilterra non vuole saperne di sistemi che le propongano di credere di più: ma chiunque le venga a proporre di credere di meno è sicuro di essere ben accolto. La chiesa anglicana formicola di sette dissenzienti che la dividono, non lasciandole più che una certa forma esteriore, priva di realtà».

Rino Camilleri, prefatore dell’edizione italiana pubblicata da Il Cerchio ricorda che: «Il maggior denigratore dell’Inquisizione, l’americano Henry C. Lea [1825-1909], nella sua monumentale opera sull’argomento dovette ammettere che “la causa dell’Inquisizione era la causa della civiltà”. Infatti anche i più sfegatati anticattolici devono confessarsi contenti che i catari non siano riusciti a far suicidare l’umanità, che gli anabattisti non abbiano distrutto tutte le opere d’arte, che i dolciniani non siano riusciti a scannare tutti i reprobi e che i fratelli del libero spirito non abbiano potuto escludere dalle cariche pubbliche quelli che non erano in uno stato di grazia. E chi si sognerebbe di dire, oggi, che le opere buone non servono a nulla e che è meglio la sola fides

De Maistre sostiene che: «L’Inquisizione religiosa di Spagna potrebbe essere paragonata all’Inquisizione pubblica di Venezia, che regnava sulle immaginazioni con un terrore moderato che aveva lo scopo di mantenere l’ordine e di prevenire lo spargimento di sangue»*, tuttavia è un parallelo tra enti troppo diversi, che i giuristi veneti non hanno mai accettato.

Produce un certo effetto notare come alla leggenda nera dell’Inquisizione spagnola contribuì proprio la propaganda della Repubblica Veneta, avversaria dell’Impero ispanico, e viceversa la Spagna alimentò la leggenda nera dei Piombi, dei corrotti tribunali lagunari e di Venezia come Stato di polizia pullulante di spie e retto da una giustizia arbitraria e dispotica, mentre infine gli illuministi si appropriarono di entrambe le narrazioni, raccogliendo i frutti di ambo le menzogne, per denigrare tutti e due i governi (vedasi, ad esempio, il romanzo epistolare Aline e Valcour del Marchese de Sade). 

Diverso era il punto di vista del nobile sabaudo, che considerò entrambi i giudizi come mere calunnie.

A distanza di tanti anni, l’Elogio è un libro che continua a meravigliarci, e a scioccare i progressisti... già questo è un buon motivo per leggerlo.  

Per un carlista quest’opera assume un interesse ulteriore poiché tra le cause dello scisma degli integristi dalla Comunione Tradizionalista vi fu anche il fatto che Carlo VII rifiutava l’idea di restaurare l’Inquisizione così come era stata nei suoi ultimi anni di vita (cioè non priva di influenze liberali). 


* Questa breve riflessione può essere integrata con il pensiero di Antonio Capece Minutolo, il quale riteneva che la Serenissima tollerasse anche alcune oscenità per mantenere l’ordine nella comunità. Cfr. R. Pasqualin, Le riflessioni sulla caduta di Venezia in alcuni testi del Principe di Canosa, «i Quaderni di Storia Veneta» supplemento a «Storia Veneta», n. 61 (aprile 2021), Elzeviro Editrice, Padova 2021.  

Nessun commento:

Posta un commento