domenica 7 novembre 2021

La Russia si opporrà all’arroganza turca?

La Russia si opporrà all’arroganza turca?

 

Stefano Torelli (1712-1784), Allegoria della vittoria di Caterina II sui turchi (1772)

Quando trattiamo delle azioni militari carliste nella Penisola iberica rievochiamo ricordi storici che ci vengono da altre epoche; nel XXI secolo le armi tradizionali servono per il terrorismo (una piaga che ha colpito duramente la Spagna) e per le guerre in Paesi che non appartengono al “primo mondo”. Nelle zone più ricche del globo domina la tecnologia, che conta ormai più del numero e delle reazioni popolari: le nuove guerre sono (e saranno) combattute nel campo delleconomia, della politica e della propaganda.

Ma ai confini del mondo russo la guerra si svolge ancora con le modalità di un tempo: la repubblica armena dell’Artsakh, reduce dall’ultimo conflitto nel Caucaso (27 settembre - 10 novembre 2020) è difesa da un cordone militare presidiato da soldati russi. Lontano dal nostro benessere, la guerra e le persecuzioni mietono ancora vittime.

A un anno di distanza dalla vittoriosa conclusione dell’aggressione turco-azera, la Repubblica, giornale progressista, ha intervistato Ilham Aliyev, presidente dell’Azerbaigian, senza opporgli alcun contraddittorio (Pietro Del Re, Pandora Papers, il presidente dell’Azerbaijan: “Accuse contro di me solo per screditarmi dopo la vittoria nel Nagorno”, 12 ottobre 2021). Nel dialogo, Aliyev si è detto abbastanza soddisfatto della “pax putiniana”: «salvo piccoli incidenti al confine, l’accordo funziona perché garantisce una certa stabilità.» e ha confermato di aver preparato un autentico piano di colonizzazione della regione, con una sostituzione di popolazioni: gli Armeni sono costretti a lasciare le loro case e ad assistere alla demolizione dei loro monumenti storici e persino dei loro cimiteri, mentre una grande quantità di Azeri è pronta a stanziarsi nel territorio. «[...] stiamo edificando case in due nuove città» ha dichiarato il despota, «affinché possano tornare le centinaia di migliaia di profughi [sic!] che furono scacciati dagli Armeni»: parole assai inquietanti se si considera che, secondo i censimenti ufficiali, nel 1989 l’Artsakh non contava che 189.085 abitanti e nel 2005 solo 137.737.

Probabilmente, Alyev i suoi presunti profughi li andrà a cercare a Baku, gentrificando aree marginali della capitale e incoraggiando i trasferimenti con politiche subdole.

Dietro l’apparente “cooperazione competitiva” russo-turca, cova uno scontro su più fronti tra le due potenze.

A inizio aprile, mentre i progressisti cianciavano di attacchi e mobilitazioni di truppe russe contro l’Ucraina, il governo di Kiev si avvicinava a Erdoğan per stringere nuovi legami relativi a energia e armamenti. Alcuni risultati di questa nefasta alleanza si sono visti recentemente: il 26 ottobre è stato bombardato il villaggio di Golmovskij (Donezk) e a inizio novembre è toccato a Gorlovka (tre feriti, fortunatamente nessun bambino coinvolto). Si è ormai certi che l’Ucraina impiega armi turche contro i filorussi: i droni Bayraktar TB2, prodotti da una società che appartiene a uno dei generi di Erdoğan (Euronews, Donbass, Kiev usa armi turche contro i ribelli filorussi, 27 ottobre 2021). Del resto la Turchia è all’avanguardia in queste tattiche belliche e le strategie che ha adottato nella guerra dell’Artsakh sono già studiate nei manuali di strategia militare.

Riguardo alle violenze nel Caucaso l’Unione Europea è rimasta immobile, mentre per quanto concerne l’Ucraina continua a perseverare su posizioni russofobe, non curandosi nemmeno del ruolo di Ankara e dell’espansionismo geopolitico turco.

Noi vogliamo esprimere la nostra solidarietà alle popolazioni colpite e il nostro sostegno alle forze russe, ricordando le parole di S.A.R. Don Sisto Enrico di Borbone, il quale, già 8 anni fa, ha ribadito la sua vicinanza al popolo russo, interessato da una progressiva rinascita spirituale e portatore di «un istinto naturale di resistenza» (intervista raccolta da Eric Letty per «Monde & Vie», 9 aprile 2014, riportata in carlismo.es) e ha ricordato che nell’esercito russo «nessun reparto si mette in marcia verso il Caucaso senza essere accompagnato da un cappellano».

Esprimendo questa sua personale simpatia (non estranea ad altri Re proscritti di Spagna), il Monarca legittimo ha ribadito che alla Russia vanno riconosciuti i suoi confini storici: «L’Ucraina, [Paese] che manca di unità, deve essere ridefinita geograficamente: la sua parte occidentale, dal Dnepr, è stata a lungo sotto il governo austriaco e si chiamava Galizia. La sua popolazione era uniate, convertita al Cattolicesimo, e ci sono sempre state tensioni tra gli uniati e gli ortodossi tradizionali. Al contrario, l’Ucraina orientale è sempre stata russa» (ibidem) e ha avuto un ruolo fondamentale nella storia delle Russie, un percorso che la rende inscindibilmente parte di esse.

«Quando Chruščëv, che era ucraino, ebbe l’idea di dare l’autonomia all’Ucraina, desiderava ottenere due rappresentanti dell’Unione Sovietica all’ONU: uno russo e uno ucraino. Era chiaramente un pretesto artificiale, ma che all’epoca interessava i sovietici. Ora esso è stato rivolto contro la Russia. Sono inaccettabili le proteste di quei Paesi che paiono rivestirsi di virtù oltraggiata perché la Russia recupera le sue posizioni storiche e naturali, e in particolare quelle degli Stati Uniti che, in altri tempi, invasero il Nuovo Messico, l’Arizona e la California, e nel 1898 attaccarono la Spagna per conquistare Cuba e le Filippine! Il problema può essere evocato anche per Moldavia e Transnistria, territori la cui popolazione attuale è composta quasi esclusivamente da Russi, che lì sono stati deportati da Stalin, e che – ritengo – vogliono essere riconosciuti come Russi» (ibidem). 

Noi oggi ci chiediamo: la Russia si opporrà all’arroganza turca? I Carlisti aborriscono ogni suggestione marxista, post-comunista o sovietica, ma riconoscono i diritti storici della Russia e amano l’animo russo perché in esso è forte il senso della missione storica: liberare Costantinopoli è un obbligo morale davanti a cui il tempo, per l’ortodosso russo, non ha importanza. Pochi quanto il Russo sanno cogliere la poesia del Chisciotte.

La voce di Ernesto il disingannato è debole, ma non tacerà: la speranza è che, dopo i recenti attacchi nel Donbass, Mosca, oltre che verso le popolazioni russe, intensifichi anche la sua azione in difesa degli armeni, ponendo freno su tutti i fronti all’arroganza turca che minaccia un’Europa divisa e incapace persino di agire concretamente in difesa dei suoi stessi interessi.

Riccardo Pasqualin


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