martedì 20 febbraio 2024

Breve storia del Carlismo

Due secoli in difesa della Santa Tradizione


Il Carlismo è un movimento politico e dottrinale cattolico e monarchico che ha avuto un ruolo significativo nella storia spagnola, difendendo con determinazione i principi cristiani su cui si fonda l’identità della civiltà ispanica. 

La sua origine risale agli eventi che seguirono la morte di Ferdinando VII nel 1833, quando si aprì una contesa per la successione al trono. L’infrazione di alcune norme fondamentali del diritto ispanico, considerate irrinunciabili  dai tradizionalisti, scatenò una profonda divisione nella popolazione, frutto in realtà di visioni antitetiche della realtà che erano già emerse negli anni delle battaglie tra gli insorgenti antinapoleonici e gli afranzosados (francesizzanti o, meglio, infranciosati).

Nel nuovo conflitto c’era da un lato il liberalismo che, violando la legge semi-salica (la quale indicava come successore del monarca il suo parente maschio più prossimo), sosteneva l’ascesa al trono di Isabella (II), figlia di Ferdinando, e promuoveva mutamenti giuridici e riforme economiche rivoluzionarie. Questa ideologia vedeva la centralizzazione del potere e il distacco dalla religione come un processo indispensabile per la modernizzazione della Spagna.

Dall’altro lato c’erano i sostenitori di Carlo V (1788-1855), fratello minore di Ferdinando, decisi a difendere la tradizione, che dal Re legittimo presero il nome di Carlisti. Essi reputavano inderogabile la legge semi-salica, che concedeva alle donne di succedere sul trono solo in assenza di parenti maschi del monarca defunto, ma soprattutto erano portatori di una più ampia visione della vita civile e politica. Il Carlismo si era posto come difensore della Religione Cattolica e delle autonomie storiche delle regioni spagnole (i fueros), opponendosi all’accentramento del potere auspicato dai liberali, un mutamento che sarebbe andato a colpire gli ordinamenti consuetudinari delle province e dei municipi. 

Carlo V divenne quindi la guida di una resistenza a trasformazioni sociali e politiche inaccettabili per la Spagna profonda e legittimista, che aveva versato il suo sangue per liberarsi dall’occupazione francese. Questa divisione si tradusse in una serie di sanguinosi sconti armati, noti come Guerre carliste o Carlistade, che segnarono l’Ottocento spagnolo.

Va però detto che il Carlismo NON è (o almeno non è solo): a) un movimento dinastico; b) un movimento ottocentesco; c) un movimento spagnolo.

Il Carlismo – è bene ribadirlo – nacque come istanza che andava ben oltre una semplice contesa dinastica: il conflitto tra liberali e carlisti – nell’800 esploso come guerra armata, ma tuttora vivo come lotta dottrinaria – rappresenta il lungo duello tra due concezioni del mondo inconciliabili. Questa polarizzazione fu il vero alimento delle tensioni e delle lotte per il trono, e finì per coinvolgere masse di volontari (anche stranieri) che misero a rischio le loro vite consapevoli delle conseguenze che gli esiti delle guerre carliste avrebbero potuto avere sul continente europeo, e potenzialmente sul mondo intero... 

La prima guerra carlista (1833-1840) fu una dimostrazione straordinaria della tenacia e della determinazione dei tradizionalisti nel difendere i diritti di Carlo V. Malgrado una fase iniziale avversa, i Carlisti diedero prova di aver fatto presa sulle genti delle Spagne settentrionali, riuscendo a costruire un governo provvisorio, che tuttavia, infine, fu sconfitto dalle forze liberali, sostenute dalle armate inglesi e dagli aiuti francesi. Già questa prima Carlistada ebbe un forte eco negli Stati italici: scrittori reazionari come il Principe di Canosa (1768-1838), il Conte Monaldo Leopardi (1776-1847), Clemente Solaro della Margarita (1792-1869) e il giudice austriaco Paride Zajotti (1793-1843) sostennero i partigiani di Carlo V, mentre diversi rivoluzionari italiani (che ebbero poi ruoli di rilievo nel processo risorgimentale) andarono a combattere sul suolo iberico dalla parte di Isabella. 

La seconda guerra carlista (1846-1849), sebbene meno intensa della prima, provò che il tradizionalismo non si era indebolito. Carlo VI (1818-1861), Conte di Montemolin e figlio di Carlo V, mantenne vivo il desiderio di riportare la Spagna alla monarchia cattolica e forale, cioè pluralista, rispettosa dei particolarismi locali e dei corpi intermedi, ma anche questo conflitto si chiuse con una sconfitta per i lealisti. In questo periodo la dottrina carlista iniziò ad affinarsi, soprattutto grazie al contributo del sacerdote e filosofo Jaime Balmes (1810-1848).

Quando nacque il Regno d’Italia, i Carlisti si posero in difesa dei principi spodestati e alcuni soldati valorosi attraversarono il Mediterraneo per riportare i Borbone sul trono di Napoli. Il più celebre tra i Carlisti spagnoli accorsi nel Regno delle Due Sicilie per disciplinare le bande dei briganti fu il catalano José Borjes (1813-1861), fucilato dai bersaglieri. Suo successore nell’impresa fu il suo correligionario Rafael Tristany y Parera (1814-1899), che costatando l’inguaribile indisciplina del brigante Luigi Alonzi (1825-1862), noto col soprannome di Chiavone, ne eseguì la condanna a morte.

La terza guerra carlista (1872-1876) fu forse l’apice dell’impegno dei Carlisti per la causa della Santa Tradizione, riassunta nel quadrilemma: Dios, Patria, Fueros y Rey. Carlo VII, Duca di Madrid, nipote di Carlo V, guidò con eroismo i tradizionalisti in questa lunga e sanguinosa crociata moderna. Al loro fianco c’erano pure volontari italiani, giovani oppositori del risorgimento, convinti che Carlo VII avrebbe riportato sul trono anche i loro Principi: Francesco II delle Due Sicilie, Pio IX, i Duchi di Parma e di Modena. Il sostegno della maggior parte della stampa cattolica intransigente italiana al Carlismo fu deciso e intriso di speranze, talvolta sottaciute e talvolta espresse apertamente auspicando nuovi scenari futuri di ritorno all’ordine.

Nonostante nuovi tradimenti, i Carlisti costituirono nuovamente un governo provvisorio nel nord della Penisola Iberica e la loro determinazione rimase intatta fino alla sconfitta di Estella, il 16 febbraio 1876.  Prima di ritirarsi oltre il confine, Carlo VII promise solennemente: Tornerò! 

Dopo tale data vi furono altri scontri armati, ma si trattò di insorgenze di piccola entità, che non ebbero gli sviluppi sperati. Carlo VII si spostò prima in Francia e poi a Venezia, dove risiedette stabilmente tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. La sua residenza sul Canal Grande, a Palazzo Loredan, divenne il leggendario quartier generale del Carlismo in esilio. In questo periodo, in particolar modo grazie al pensatore e politico asturiano Juan Vázquez de Mella (1861-1928), il Carlismo raggiunse la più alta vetta di definizione del pensiero tradizionalista, individuando il regime perfetto nella Monarchia sociale e rappresentativa”, cioè non assoluta, ma garante (e non creatore) delle società intermedie da cui lo Stato nasce e non viceversa. Una posizione – va sottolineato – ben diversa dal moderno (in tutti i sensi) secessionismo catalano e basco, che non sono  altro che degenerazioni recenti del regionalismo, originatesi dalle idee di demagoghi che tradirono la Monarchia legittima e il foralismo, inventando una mitologia etnonazionalista dai tristi frutti.

Successore di Carlo VII fu il figlio Don Jaime (Giacomo III), già ufficiale dell’esercito zarista, che combatté durante la rivolta dei Boxer (1899-1901) e la guerra russo-giapponese (1904-1905). Egli, purtroppo, morì giovane e senza figli, per cui la guida del Carlismo passò allo zio Alfonso Carlo, che prima di combattere nella terza guerra carlista era stato zuavo pontificio ed aveva partecipato alla difesa dello Stato Pontificio.

Il ruolo dei Carlisti nella guerra civile spagnola (1936-1939) è anch’esso tanto importante quanto trascurato dalle pubblicazioni italiane di divulgazione storica: le vicende dei volontari carlisti italiani sono ancora tutte da studiare. 

Durante la Cruzada – confidando in una restaurazione attesa ininterrottamente da tre generazioni – i tradizionalisti ispanici sostennero Franco e questa volta riuscirono ad uscire vincitori da quella che alcuni tra loro definirono una “quarta guerra carlista”; ma nei fatti il Caudillo marginalizzò, divise e perseguitò il Carlismo. Il proseguimento della storia del Regno di Spagna è nota a tutti: la dinastia legittima non riebbe il trono. Nonostante la persecuzione da parte del franchismo, il movimento carlista non scomparve affatto. Saverio I di Borbone Parma (1889-1977), designato con tutti i crismi da Alfonso  Carlo I come Reggente della Comunione Tradizionalista, mantenne viva la fiamma della causa. 

Ai nostri giorni suo figlio Sisto Enrico, Duca di Aranjuez e Abanderado de la Tradicion, ha proseguito nella leale difesa della linea tenuta dai suoi antenati. Sotto la sua guida la Comunione Tradizionalista prosegue il suo cammino di impegno costante per i principi monarchici e tradizionali in una costante battaglia culturale. Il Carlismo ha resistito alle sfide dei tempi e, pur avendo subito una forte riduzione del suo seguito, continua a promuovere la sua visione delle Spagne di sempre, raccogliendo nuove adesioni anche nella Penisola italica, in Ispanoamerica e nelle Filippine. In quest’arcipelago asiatico e nelle Americhe – terre ancora giovani, popolose e cattoliche – la presenza carlista è ancora viva e si oppone a ogni sorta di ingerenze statunitensi. 

La storia del Carlismo – questo combattente straordinario che a dispetto delle sconfitte continua a battesri da due secoli – è un esempio di perseveranza e dedizione, una testimonianza vivente di resistenza cristiana.

Fulcro del pensiero carlista è da sempre la riflessione sul concetto di Tradizione: il passato purificato dal punto di vista morale, necessità naturale dell’uomo di conservare, selezionare e migliorare le conquiste tecniche e culturali dei suoi antenati. 

Sostiene il pensatore Juan Vázquez de Mella: «Il sentimento della tradizione è duplice: guardando indietro presuppone il rispetto per gli antenati, che è arrivato a costituire un culto presso alcuni popoli e che si perde completamente solo in quelli degenerati; e, guardando avanti, il desiderio di immortalità in cui esprimiamo un attributo dello spirito. Il desiderio di perpetuare se stessi e le proprie opere accompagna sempre le azioni umane. Nessuno opera affinché i suoi sforzi si estinguano, tranne quando sono concepiti come mezzi per compiere altri fini. Ma il diritto all’immortalità delle nostre opere non è in contraddizione con il diritto all’immortalità dei nostri antenati; perché, essendo la loro opera nostra, possiamo integrarla e perfezionarla, e soddisfiamo il nostro diritto rafforzando il loro». 

Legittimi Re delle Spagne 

1833-1845
Carlo V (1788-1885), Conte di Molina, abdicò nel 1845

1845-1861
Carlo VI (1818-1861), Conte di Montemolin, figlio di Carlo V

1860-1868
Giovanni III (1822-1887), Conte di Montizon, fratello di Carlo VI

1868-1909
Carlo VII (1848-1909), Duca di Madrid, figlio di Giovanni III

1909-1931
Giacomo III (1870-1931), Duca di Madrid, figlio di Carlo VII

1931-1936
Alfonso Carlo I (1849-1936), Duca di San Jaime, fratello minore di Carlo VII

1936-1977
Saverio I di Borbone Parma (1889-1977), Conte di Molina, dal 1936 al 1952 Reggente della Comunione Tradizionalista

1977-oggi
Enrico V, Sisto Enrico (22.07.1940), Duca di Aranjuez e Abanderado de la Tradicion, figlio di Saverio I, dal 1977 al 2013 Reggente della Comunione Tradizionalista

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